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18 Nel tempo [?]
Elenco dei movimenti
Trascrizione: DA FARE Luogo e data di composizione: [Roma], 1958 (o 1959) [?] Note sulla genesi: Per la datazione del manoscritto, vedi scheda. Prima esecuzione: non attestata Note generali: Il vasto e impegnativo lavoro è molto più di un progetto (peraltro ben leggibile complessivamente dagli appunti): si tratta di un brano pressoché concluso nei suoi episodi-movimenti strumentali, e composto in buona percentuale (probabilmente con perdita di alcuni fogli) per uno degli episodi vocali nella sezione denominata ‘Concerto’ che è anche l’unica a riportare il titolo ipotizzato, ma non la prima nella presunta disposizione formale schizzata dall’autore su uno dei fogli iniziali. Tale disposizione prevedeva una serie di pannelli strumentali (Sestetto I, Solo, Sestetto II, Duo) seguiti dal ‘Concerto’ in sei parti. Non è chiaro se questa sequenza volesse essere piuttosto un programma di lavoro, il quale – da appunti riguardanti le scelte testuali – doveva procedere a tappe forzate (in vista di un0esecuzione/consegna?) negli ultimi mesi di un anno non meglio identificato, forse il 1958 o il 1959, molto improbabilmente il 1960. Gli episodi vocali, secondo gli appunti riguardanti i testi, dovevano coincidere con la Seconda/Sesta (stesso testo), Terza e Quarta parte, tutti su testi di Leopardi. Le pagine di partitura conservatesi del ‘Concerto’ vocale riguardano alcune fasi della Terza parte (Storia del Genere Umano), anche se alcuni righi del testo non sono stati musicati o la musica che li intonava è perduta. Non sembrano esserci perdite per i brani strumentali, che tuttavia sono incompleti almeno nel Duo. Se la scelta dei testi rinvia di nuovo al Petrassi del Coro dei morti, l’organico si avvicina invece ai lavori del periodo di Stravinskij, in particolare a Threni che Guaccero potrebbe aver ascoltato (forse dal vivo) alla première della Biennale di Venezia (settembre 1958). Originali e personali sono le indicazioni per la disposizione nello spazio del palcoscenico di strumenti e voci, in parte de-strutturata rispetto alla ordinaria disposizione per masse timbriche omogenee (in particolare, gli elementi di ciascun quartetto strumentale sono dislocati in modo da formare figure geometriche nello spazio e da immergersi nelle voci, a loro volta sparpagliate a raggiera su tutto il palco, favorendo fenomeni complementari di frammentazione o fusione timbrica), e soprattutto la scrittura strumentale, che di quella de-strutturazione (rispetto alla pervasiva micro-cellularità dei Due tempi, o al congelamento temporale del Secondo quartetto) è più causa che conseguenza. Le risultanze tecnico-compositive dei brani precedenti non sono del tutto abbandonate, ma si colgono evoluzioni (nella libertà timbrica e texturale) che mirano fin verso ‘…un iter segnato’ e ‘Iter inverso’.
62 Altra sigla: 04.16 Il sole e l’altre stelle
Elenco dei movimenti
Trascrizione: Link G Luogo e data di composizione: Roma - Ariccia, 1982 - 1983 Note sulla genesi: Secondo lavoro per il Coro Aureliano, l’indicazione d’anno suggerisce che fosse approntato per l’esecuzione indicata sul programma di sala del 1982; tuttavia, è da verificare se questa esecuzione si sia tenuta, e se il testo utilizzato in quella eventuale occasione avesse raggiunto lo stato attualmente documentato. Prima esecuzione: 13.12.1982, Roma, Auditorium RAI del Foro Italico, XIX Festival di Nuova Consonanza. Coro Aureliano; Bruna Liguori Valenti, direttore. 6.12.1983, Roma, Sala IN/ARCH di Palazzo Taverna, Stagione di Nuova Consonanza. Coro Aureliano; Bruna Liguori Valenti, direttore. Note generali: La partitura è impostata su quattro parti corali più il solista; per tutto il brano, un esecutore specifico suona uno strumento di pelle grave producendo un colpo isocrono (distanza tra i colpi circa 1,5 secondi) del tutto indipendente a asincrono rispetto alla partitura vocale, come uno sfondo/altra linea sonori. S’intuisce una simbologia numerologica ‘dantesca’ nell’organizzazione dei testi (11 righe ciascuno, per un totale di 33), e soprattutto una relazione tra la tripartizione del brano e analoghe tripartizioni di percorso spirituale-umano applicate ad altri suoi lavori (Rot) e desunte dalla cultura esoterica. Nonostante la notazione abbia una base ordinaria in quella misurata su pentagrammi, è di fatto una notazione cronometrica delle durate (semiminima = 1 secondo), e l’aspetto compositivo più rilevante è quello timbrico-vocale, con impiego di emissioni e materiali eterogenei (bocca chiusa o tappata, suono soffiato, risatine, cantilene fanciullesche, urletti). Durata totale 9’10”.
28 Altra sigla: 05.05.04 Klaviatura
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], 1965 Note sulla genesi: Dedica a Mariolina De Robertis e Daniele Paris, ovvero la clavicembalista della prima esecuzione (nonché committente di molte nuove opere per clavicembalo nel secondo dopoguerra italiano) e il direttore della medesima. Il clavicembalo ha in effetti la parte più consistente tra le 8 tastiere (da cui il titolo) notate, tenendo presente che la nona tastiera (il clavicordo) è su nastro. Prima esecuzione: 4.9.1965, Palermo, Teatro Biondo, 5. Settimana Internazionale di Nuova Musica. Mariolina De Robertis, clavicembalo; Bruno Canino, pianoforte; Antonio Ballista, harmonium; Mario Bertoncini, celesta; Ofelia Guglielmi, arpa; Giovanni Cannioto, marimba; Paolo Renosto, glockenspiel [a tastiera]; Mario Dorizzotti, vibrafono; Daniele Paris, direttore. Note generali: Sulla linea operativa/di pensiero di Sinfonia 1, questo è il primo di una serie di lavori di Guaccero in cui tutto il materiale musicale da eseguire è sintetizzato su un unico foglio, la cui forma grafica è scelta in base a valenze insieme strutturali e simboliche. In questo caso, il simbolo prevalente (ma non esclusivo) è il triangolo che, duplicato e rovesciato, genera un esagramma (stella di a sei punte o di David), da applicarsi alla disposizione sul palco degli strumenti. Sulla pagina unica della ‘partitura’, le parti singole degli strumenti si distribuiscono quanto più prossime a questo schema grafico, con una fascia centrale che descrive la sequenza delle loro entrate (numerate da 1 a 30), le durate degli interventi (nonché le corone o le fermate), e gli interventi del nastro magnetico. La durata totale prevista è di circa 9’. E’ segnalata del brano un’edizione per lo Studio Musicale Romano, non attestata da notizie o evidenze documentarie. Una ricostruzione in partitura del brano è stata curata dal compositore Franco Sbacco, ed eseguita così per l’Emufest 2010, Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, 14.5.2010.
29 Altra sigla: 05.05.05 Interno-Esterno
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], 1967 Prima esecuzione: 28.5.1967, Genéve, Château de Merlinge, IV Diorama de la Musique Contemporaine. Angelo Faja, flauto; Giorgio Trentin, oboe; Vittorio Luna, clarinetto; Antonio Viri, fagotto; Roberto Pagano, clavicembalo/pianoforte. Note generali: Il lavoro è articolato in tre parti non autonome, ciascuna orientata a una categoria spazio-acustica (ma anche spazio-simbolica e in definitiva esperienziale): A, esecuzione fuori della sala (diffusa inizialmente in sala mediante amplificazione), ‘esterno’, esecuzione discontinua, il tastierista opera su strumento di lamine metalliche e pianoforte; B, esecuzione in sala (ma con gli interpreti a bordo palco, restando al suo centro l’altoparlante, il tastierista suona un clavicembalo), ‘interno’, esecuzione senza vuoti e concentrata (se possibile, abbassamento di luci in sala); C, ‘interno/esterno’, gli esecutori siedono in sala accanto agli ascoltatori, suono (dal nastro magnetico) diffuso solo dall’altoparlante, luce solo sui leggii. Durata delle parti: A, 3’50”; B, 6’45”; C, 1’25”. La notazione, sostanzialmente spazio-cronometrica, prescinde spesso dalla sistemazione delle altezze su pentagrammi, e trasferisce la diastemazia entro un ‘campo aperto’ nel quale è utilizzata – per la prima volta – un’indicazione sintetica dei registri d’ottava (grave, medio, acuto, sovracuto, ciascuno a sua volta diviso in quattro sotto-zone ampie circa una terza minore), poi ampiamente sfruttata nei suoi lavori seguenti. Quando la prescrizione non riguarda strettamente il parametro timbrico e la connessa emissione, è raccomandato comunque (a meno che non si tratti di moduli da ripetere il più velocemente possibile) di impiegare microintervalli e di non impiegare più di due altezze temperate (‘docecafoniche’) di seguito. Sono prescritti anche i movimenti degli esecutori nello spazio, e l’uso di corpi eccitanti e sonori (percussioni) non ordinari alla tecnica esecutiva del rispettivo strumento. E’ consentita la presenza del direttore per coordinare le entrate cronometriche degli interpreti.
44 Altra sigla: 08.10 Luz
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1973 Note sulla genesi: Il lavoro, nato per il contrabbassista Fernando Grillo, è poi stato spesso eseguito da Giancarlo Schiaffini al trombone, al quale è stato dedicato. Dal 2004 RaiTrade ha acquisito i diritti del brano, ma non risulta che ne abbia stampato una edizione. Per la genesi entro il ciclo ‘Descrizione del corpo’, vedi Note Generali. Prima esecuzione: 12.2.1974, L’Aquila, Auditorium del Castello, Società Aquilana dei Concerti – Circolo Giovani Amici della Musica, XXVIII stagione. Ferdinando Grillo, contrabbasso [1. es. attestata; potrebbe essercene stata un’altra in precedenza, a Perugia o Padova]. Note generali: "Luz" fa parte del ciclo "Descrizione del corpo" (insieme a Kardia e Ajna ), elaborato nel corso degli anni ’70 attorno a un principio ternario: tre plessi sacri del corpo (plessi frontale-alto, mediano-cardiaco e dell’osso sacro) corrispondenti ai tre lavori, e al loro interno a tre strati che possono essere eseguiti separatamente, o in combinazioni a due, o tutti e 3 insieme. Luz corrisponde - in ebraico – all’osso sacro, ovvero alla zona inferiore su cui poggia tutta la zona corporea degli organi vitali. Dei tre strati, solo quello corrispondente all’ ‘ajna’ del ‘luz’ sembra esser stato ultimato (l’elemento timbrico ‘vento’, nel piano simbologico di Guaccero, doveva equivalere allo strato ‘alto’ di ciascun pezzo); progettati, negli abbozzi e appunti per lo schema complessivo del progetto nonché nella Premessa a Luz, erano stati gli altri due strati per percussioni o per tastiera e per mino (‘con suoni’, presumibilmente elettronici) o sintetizzatore, di cui non esistono testi musicali. Sono tuttavia conservati anche appunti non datati (sulla forma e sulla disposizione spaziale) per un ‘Luz’ per 8 voci, e un quaderno con alcuni appunti per la preparazione di una performance elettronica dal vivo con questo titolo effettivamente tenutasi il 18.11.1973 (gruppo Musica ex Machina del quale Guaccero faceva parte) per gli Amici della Musica di Perugia; è infine attestata una esecuzione di Luz (Schiaffini al trombone) con la partecipazione di una danzatrice (Luisa Gay), Roma, Nuova Consonanza, 1983. Il brano superstite, per strumento grave (non necessariamente a fiato) e segnale elettronico di fondo, è una matrice di lettura a 72 riquadri, riempiti di notazione su pentagramma o in campo aperto fortemente simbolica-sintetica, leggibile fino a 4 volte ‘a cannocchiale’: ad ogni lettura successiva alla prima (da compiersi per moto retrogrado, inverso e retrogrado dell’inverso) viene letta una porzione sempre più piccola e centrale di riquadri. Completando una lettura quadruplice si arriva a 10’, ma il brano può essere interrotto in qualsiasi punto dopo i 7’. L’evoluzione nel tempo del livello del segnale elettronico di fondo (timbricamente fisso) non è data in partitura, ma nella Premessa. La scrittura è funzionale a un’esplorazione soprattutto estrema e variegata sul piano timbrico (ben 25 modalità diverse di emissione/eccitazione elencate).
16 Altra sigla: 05.02.02 Sonatina seconda
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], Dal 18 maggio al 14 giugno 1958 Note sulla genesi: Si tratta del primo lavoro di Guaccero eseguito in un contesto (l’Accademia Americana di Roma) che era stato e sarà per un decennio molto vitale e importante nella neo-avanguardia musicale romana di respiro internazionale. Tuttavia, la distanza tra le date di composizione (riportate – eccezionalmente – con precisione dall’autore sul manoscritto) e quella di esecuzione rende improbabile un legame diretto tra il brano e la sua première. Prima esecuzione: 9.6.1961, Roma, American Academy. Georg Moench, violino; Mario Bertoncini, pianoforte. Note generali: Il lavoro può considerarsi il frutto più interessante della – non ampia – fase post-weberniana nella musica di Guaccero: l’utilizzo di una serie per le altezze è sostanzialmente certo, ma il numero di elementi-note non è quasi mai 12 (non si esclude che tabelle combinatorie, spesso annotate in appunti di questo periodo, regolino il numero di altezze da pescare dalla matrice). Molto originale la ricerca su registri, timbri, densità (con gli strumenti che hanno vasti pannelli solistici) e gesti/figure strumentali. Poco prima della conclusione è presente anche una ‘Improvvisazione regolata’ per i due strumenti, su un materiale (serializzato) di altezze distribuito in formazioni verticali successive. Durata indicata dall’autore: tra 10’ e 11’. Edizioni
31 Altra sigla: 07.02 Variazioni 1
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma – Beuron (D), dal 15 giugno al 15 agosto 1967 Note sulla genesi: Da documenti epistolari esistenti presso l’Archivio Guaccero, si può legare la composizione di Variazioni 1 a una possibile esecuzione presso il Festival di Musica della Biennale di Venezia di quell’anno, poi sfumata. Prima esecuzione: Mai eseguito Note generali: Il tema (da cui il titolo), peraltro da far ascoltare – prime 12 battute – in una registrazione nei primi secondi del brano, è l’aria di Sarastro “In dieser heiligen Hallen” da Die Zauberflöte (Il Flauto Magico) di Mozart, tenendo presente che esso è – nelle parole dell’autore - ‘chiave e punto di partenza’, forse scelto pure per il suo portato simbolico-esoterico, non tema nell’accezione tradizionale del termine: le 12 Variazioni non presentano alcun elemento citativo o stilisticamente (sintassi o vocabolario) legato al tema. All’ampio organico sinfonico è destinato un materiale timbricamente assai avanzato e sperimentale, e notato spesso secondo i corrispettivi raggiungimenti semiografici più avanzati raggiunti da Guaccero nei lavori circostanti (notazione simbolica-sintetica, segni ‘in campo aperto’, impianto cronometrico dell’indicazione delle durate). Durata prevista: 18’. Accanto all’organico sinfonica (con un set di percussioni – 3 esecutori – molto ricco e variegato, impiegante anche oggetti concreti e materiali basici - carta), opera uno strumento elettronico: Guaccero indica il Synket, sintetizzatore costruito a Roma da Paolo Ketoff; il Synket opera come strumento tout-court (leggendo una notazione in tutto simile a quella degli altri strumenti), ad es. appena terminata la registrazione del ‘tema’ mozartiano (che collega all’entrata dell’orchestra nella 2. variazione) e, nell’ultima variazione (12.), come strumento di modulazione in tempo reale dei suoni dell’orchestra, secondo schemi di trasformazione indicati nella premessa e da sovrapporre alla partitura mediante una parte su lucido appositamente predisposta.
13 Altra sigla: 05.05.01 Schemi, per combinazioni di 2 pianoforti, 2 violini e sax tenore
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma, 1959 - 1960 Note sulla genesi: Lavoro concepito e composto congiuntamente da Guaccero e Egisto Macchi, suo stretto sodale nell'ambiente compositivo e organizzativo romano. Prima esecuzione: 17.3.1961, Firenze, Auditorium del Conservatorio, Vita Musicale Contemporanea. Giuliana Zaccagnini Gomez e Paolo Renosto, pianoforti; Aldo Redditi e Luigi Gamberini, violini. Note generali: Il brano può essere eseguito in 6 possibili combinazioni ottenute combinando (con un minimo di 2 elementi, e con la presenza necessaria di almeno uno dei pianoforti) i 2 violini sempre accoppiati, il sax tenore, il primo pianoforte e il secondo pianoforte. Per ciascuna combinazione possibile, gli autori hanno predisposto uno schema degli episodi (con durata crescente quanto maggiori sono gli elementi esecutivi coinvolti, da un minimo di 5’30” per la versione sax e 1 pf a un massimo di oltre 10’ per la versione con tutto il quintetto), che prevede ampie zone solistiche. Queste sono legate, nella confezione della partitura (vedi scheda del ms.), ai 6 riquadri con notazione più o meno determinata (sezioni ‘costanti’), che attorniano il riquadro con gli schemi per le sezioni ‘variabili’, ovvero improvvisative sulla base di materiale di altezze (le 12 note del totale cromatico) già predisposto in schemi da bicordali a esacordali, nonché di comportamenti timbrici, dinamici e di durata regolati a grandi linee. Il brano è il primo, nella produzione di Guaccero (e di Macchi), a far proprie modalità caratterizzanti all’epoca la cosiddetta ‘opera aperta’. Oltre che una complessa istruzione esecutiva, la ‘Premessa’ (co-firmata dai due autori) si conclude con espressioni di orientamento poetico-estetico: “Nello spirito di tale ‘apertura’ […] si è svolta la collaborazione tra i due autori. Essa è consistita nella elaborazione comune delle idee, codificate negli ‘schemi’, e nella composizione dei brani per i vari strumenti interamente scritti, che sono raggruppati per ciascuno dei due autori in una delle due pagine del ‘testo’. Gli ‘Schemi’ sono opera in movimento e a realizzarla per ogni esecuzione sono deputati gli interpreti, sollecitati, per dovere intervenire attivamente nella ‘composizione’ del pezzo, a rendersi conto delle ragioni delle nuove tecniche compositive. Dal concorso di autori e interpreti (o di autori-interpreti) la lingua e l’ ‘opera’ musicale avrà tutto da guadagnare”.
App2_06 Inquietudine [musiche per l’omonimo cortometraggio di Mario Carbone]
Luogo e data di composizione: [Roma], 1960, con reimpiego di musica composta già nel 1958 Note sulla genesi: Le musiche sono state scritte per il documentario ‘Inquietudine’, 1960, di Mario Carbone (oltre che documentarista, coinvolto spesso autore da Cesare Zavattini nei suoi film come operatire, e anche come autore di un episodio in I misteri di Roma). Nel commento, è stata utilizzata una registrazione del Secondo quartetto per 2 clarinetti, viola e chitarra del 1958, che genera l’indicazione di data riportata. Note generali: L’audiovisivo ha come soggetto – e attore – il pittore Franco Angeli, tra gli esponenti di punta della cosiddetta ‘scuola di Piazza del Popolo’, ovvero l’equivalente generazionale in pittura a Roma della generazione della neo-avanguardia musicale cui apparteneva Guaccero. Angeli in realtà sembra qui prestare il suo volto a una figura generica, quella dell’artista in crisi nel suo rapporto con la società: vi alludono – oltre che il montaggio delle immagini, alcune di repertorio – i due cartelli-citazione dal ‘Tonio Kröger’ di Mann (‘Non lavorava come tutti coloro che lavorano per vivere, e non faceva nessun conto di sé come uomo vivente. Solo desiderava di essere considerato come creatore e per il resto se ne andava attorno grigio ed insignificante pari all’attore che ha smesso il trucco e che non è nulla se nulla ha da rappresentare’). La macchina da presa lo segue dunque per strada, in situazioni semi-pubbliche (sfilate, il mercatino d’arte, il passeggio collettivo e il relax al bar) che sembrano scivolargli addosso, fino al suo studio nel quale si osservano opere astrattiste. Entro le musiche originali, decisamente avanzate linguisticamente (tanto che Guaccero vi riusa una registrazione del suo Quartetto per 2 clarinetti viola e chitarra) trovano posto citazioni di brani o di modalità linguistiche storiche, collegate al contenuto delle immagini: dopo la musica ritmicamente ostinata e armonicamente aggressiva dei titoli di testo e la citazione di una marcia militare (prima sequenza, sfilata), un caustico richiamo fortemente dissonante e acuto di tromba su un disegno con la scritta ‘O Roma o morte’ introduce alla sequenza del mercatino, chiusa dall’echeggiare di un brano salottiero per pianoforte; segue una transizione tra i rumori del traffico, fino allo studio (Quartetto per 2 clarinetti viola e chitarra, dodecafonico-seriale), che sfuma nella passeggiata serale (musica sospesa e tensiva, sfondo d’archi con interventi di pianoforte e percussioni) per ricomparire al ritorno in studio; un’esplosione di percussioni e della musica aggressiva per archi commenta l’ultima parte, un montaggio fatto in prevalenza di fermo-immagini (politici e uomini di potere, figure della società dello spettacolo, la folla – compresa quella della sfilata – nelle strade, lettura del giornale, rivolte di piazza e repressioni) entro le quali ricompare anche Angeli. Delle musiche originali (non pre-esistenti) non sono state rintracciate fonti di tipo cartaceo presso l’Archivio Guaccero; l’unico testo attestato è quello audiovisivo.
15 Altra sigla: 05.01.04 Improvvisazione per viola
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], 1960 Prima esecuzione: 9.5.1962, Roma, American Academy. Dino Asciolla, viola. Note generali: Ad onta del titolo, il brano non presenta un forma variabile o combinatoria come Schemi o Verglenzboysuchos: l’esecuzione segue la partitura secondo la sua tradizionale direzione di lettura, e anche secondo una apparente traiettoria formale (esplorazione; movimentazione virtuosistica; rilascio/coda). La dimensione ‘improvvisativa’ (ovvero, ‘partecipativa’ dell’interprete) è legata alla libertà da modelli del percorso formale, e soprattutto alla notazione spesso cronometrico-spaziale delle durate (similmente alla Sequenza per flauto di Berio), alternata alla ordinaria notazione mensurale e resa ulteriormente flessibile da numerose e differenti corone. La durata complessiva indicata dall’autore è di 7’ circa. I comportamenti timbrici previsti sono variegati e sperimentali, soprattutto sul piano del vibrato, del colpo d’arco e del punto di eccitazione della corda; previsto anche l’uso di microintervalli e di glissandi.
50 Altra sigla: 06.04 Concerto per percussione e orchestra
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1979 Note sulla genesi: Del brano esiste una presentazione originale, in occasione della prima assoluta, ora pubblicata in Guaccero, “Un iter segnato”, Milano-Lucca, Ricordi-Lim, 2005, pp. 485-6. Prima esecuzione: 24.2.1979, Milano, Sala Verdi del Conservatorio di Musica. Walter Morelli, percussioni; Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano; Gianluigi Gelmetti, direttore. Note generali: Questo Concerto conferisce al solista un ruolo guida sotto l’aspetto timbrico, più che ‘virtuosistico’, e per questo si consiglia nella prefazione di disporre gli strumenti il più possibile visibilmente per famiglie di fronte al pubblico. L’organico dell’orchestra è quello con i fiati a 2, più un nastro magnetico che ha tre interventi: rilevante l’ultimo, con la citazione dell’inizio del primo movimento della 5. Sinfonia di Beethoven in una versione ‘disco’ molto in voga allora, echeggiato poi dal celebre tema (nella sua perorazione finale, ma sgretolata gradualmente) in orchestra; questo gesto sonoro può avere attinenza con la riflessione di Guaccero sulla ricezione sociale della musica d’arte (e sui fenomeni di commercializzazione riguardanti la musica). La notazione è misurata, ma in alcuni punti le battute sono in realtà caselle di materiali da agire aleatoriamente/improvvisativamente. Il lavoro è in un solo movimento: durata complessiva 12’.
35a Altra sigla: 06.02 Variazioni 3, versione per fagotto[, archi e 5 improvvisatori]
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], 1969 - 1970 Note sulla genesi: Il testimone che è alla base dell’opera, pubblicato dalla Semar come ‘versione per fagotto’ di Variazioni 3 e ritenuto sempre tale, è piuttosto una parte staccata per il solista utilizzata non tanto in occasione della première e in altre esecuzioni per archi e fagotto solista, ma sicuramente nelle numerose esecuzioni successive per fagotto e archi. Nessuna esecuzione per fagotto solo (dunque con questa parte come testo approvato) è attestata vivente l’autore, anche se essa rientra nella casistica delle esecuzioni possibili e può dunque essere condotta usando questa parte staccata. Prima esecuzione: 14.1.1970, Torino, Unione Musicale. Sergio Penazzi, fagotto; I Solisti Veneti, dir. Claudio Scimone Note generali: L’esistenza di una parte solistica interamente trascritta in notazione estesa (tradizionale/sperimentale, con prevalente indicazione mensurale delle durate) va da ricercarsi nella difficoltà, per un solista – dunque per un elemento importante del gruppo esecutivo, di suonare sulla complesso notazione simbolico-sintetica del brano, nonché della tendenza assegnata dall’autore ai solisti del brano ad essere vincolati dalla notazione (‘esecuzione di opera’), laddove per i complessi essa è solo parzialmente obbligante (‘opera-improvvisazione’) e per i gruppi improvvisativi è ‘solo uno stimolo a reagire (esecuzione di improvvisazione’). La sua funzione primaria di parte solistica da usare nelle esecuzioni in combinazione con un complesso è provata dalla indicazione delle durate complessive per ciascuna Variazione, che arriva sempre (tempi cronometrici tra parentesi) a 1’20”, ovvero alla durata prevista quando il brano è eseguito in quella formula strumentale (indice 3). Nessuna esecuzione per fagotto solo (dunque con questa parte come testo approvato) è attestata vivente l’autore, anche se essa rientra nella casistica delle esecuzioni possibili e può dunque essere condotta usando questa parte staccata (i tempi da osservare diventano così quelli in numeri non tra parentesi). Non a caso l’autore non l’ha denominata ‘versione per fagotto’, ma più genericamente ‘trascrizione per fagotto’, mettendo così in primo piano la trasformazione in quanto tale da una notazione simbolica a una ordinaria.
04 Altra sigla: 04.02 Ricreazione
Elenco dei movimenti
Trascrizione: Nominativi fritti e mappamondi / e l’arca di Noè fra due colonne / cantavan tutti: Chirieleisonne / per l’influenza de’ taglier mal tondi. / La luna mi dicea: che non rispondi [?] / E io risposi: io temo di Giasonne / però ch’io odo che il diaquilonne / è buona cosa a farse Luogo e data di composizione: Roma [?], 1954 Note sulla genesi: Il titolo richiama quello dell’appena precedente Terzo Concerto ‘Récréation concertante’ (1952-53) di Petrassi, pur presentando con questo poche attinenze. Prima esecuzione: non attestata Note generali: Indicaz. iniziale d’agogica: Largo. L’impianto dell’organico ricorda molto quello dell’Histoire du Soldat stravinskiana, al quale il brano si imparenta – al di là di pochi e non rilevanti gesti strumentali similari, e di una categorica dissomiglianza sotto l’aspetto ritmco – per il tessuto strumentale scabro e incisivo, per la tendenza a utilizzare gli strumenti per strati-famiglie, e per la forma estremamente episodica. L’estensione della voce di baritono va dal La1 al Fa#3. Manoscritti
02 Altra sigla: 03.02 Liriche di Montale
Elenco dei movimenti
Trascrizione: vedi singoli movimenti Luogo e data di composizione: -, 1951 Note sulla genesi: Il lavoro è coevo alle Tre liriche di Montale per voce e pf., e potrebbe esser nato nella bottega compositiva costituita dalla classe di Composizione di Goffredo Petrassi presso il Conservatorio di S. Cecilia, cui Guaccero era iscritto. Prima esecuzione: Prima esecuzione non attestata Note generali: La scrittura vocale è tradizionale (se si eccettua un breve passo in Sprechgesang) e il testo poetico viene intonato perlopiù fraseologicamente (non seguendo all’occorrenza la segmentazione versuale) salvo qualche frase musicale centrata su singole parole. Il materiale armonico di base è tendenzialmente consonante, ma trattato in maniera molto libera sia nell’arricchimento dissonante, sia nella distribuzione di centri tonali/modali; il secondo brano è il più ‘avanzato’ sotto questo aspetto, e mostra una singolare tendenza a impegnare una voce per volta isolandone i timbri/registri. Manoscritti
35b Altra sigla: 06.01 Variazioni 3, trascrizione per chitarra [e archi]
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], 1969-1970 Note sulla genesi: Il testimone che è alla base dell’opera, pubblicato dalla Semar come ‘versione per chitarra’ di Variazioni 3 e ritenuto sempre tale, è piuttosto una parte staccata per il solista utilizzata nelle numerose esecuzioni per chitarra e archi. Nessuna esecuzione per chitarra sola (dunque con questa parte come testo approvato) è attestata vivente l’autore, anche se essa rientra nella casistica delle esecuzioni possibili e può dunque essere condotta usando questa parte staccata. Prima esecuzione: 26.10.1970, Roma, Auditorium San Leone Magno, Istituzione Universitaria dei Concerti. Alirio Diaz, chitarra; I Solisti veneti, Claudio Scimone, direttore. Note generali: L’esistenza di una parte solistica interamente trascritta in notazione estesa (tradizionale/sperimentale, con prevalente indicazione mensurale delle durate) va da ricercarsi nella difficoltà, per un solista – dunque per un elemento importante del gruppo esecutivo, di suonare sulla complesso notazione simbolico-sintetica del brano, nonché della tendenza assegnata dall’autore ai solisti del brano ad essere vincolati dalla notazione (‘esecuzione di opera’), laddove per i complessi essa è solo parzialmente obbligante (‘opera-improvvisazione’) e per i gruppi improvvisativi è ‘solo uno stimolo a reagire (esecuzione di improvvisazione’). La sua funzione primaria di parte solistica da usare nelle esecuzioni in combinazione con un complesso è provata dalla indicazione delle durate complessive per ciascuna Variazione, che arriva sempre (tempi cronometrici tra parentesi) a 1’20”, ovvero alla durata prevista quando il brano è eseguito in quella formula strumentale (indice 3). Nessuna esecuzione per chitarra sola (dunque con questa parte come testo approvato) è attestata vivente l’autore, anche se essa rientra nella casistica delle esecuzioni possibili e può dunque essere condotta usando questa parte staccata (i tempi da osservare diventano così quelli in numeri non tra parentesi). Non a caso l’autore non l’ha denominata ‘versione per chitarra’, ma più genericamente ‘trascrizione per chitarra’, mettendo così in primo piano la trasformazione in quanto tale da una notazione simbolica a una ordinaria.
57 Altra sigla: 10.06 Matrix 2. Azione con suoni per 5 esecutori
Elenco dei movimenti
Trascrizione: Testo: ????????? Luogo e data di composizione: [Roma], 1980 Note sulla genesi: Il lavoro è un ampliamento di Matrix, elaborato per il gruppo Nuove Forme Sonore al cui organico preferenziale si fa riferimento nella 'Premessa'; tuttavia, il brano è eseguibile anche con altro organico a 5, purché compatibile con le indicazioni fornite. Non sono attestate esecuzioni. Prima esecuzione: non attestata Note generali: Il lavoro amplia (nel numero di esecutori, nei materiali, nel minutaggio) Matrix, del quale vengono conservati gli otto fogli di materiali (4 di musica, 4 di teatro) cui se ne aggiungono uno nuovo per la tipologia ‘musica’ (Marcia, specialmente per un percussionista) e uno nuovo per quella ‘teatro’ (‘Lettera pensosa’ di ‘un intellettuale arrivato ad un amico’ (il testo va interrotto con azioni sonore a uno strumento ad ancia o a bocchino); inoltre, il Finale precedente viene sostituito con un Finale 1980 (da eseguirsi poco prima della conclusione del brano) assai più ampio e teatralizzato, che cita (testo e musica) la fuga finale del ‘Don Giovanni’ di Da Ponte-Mozart, l’inizio del proprio ‘Rappresentazione et Esercizio’ e (testo) l’Apocalissi giovannea. Come per Matrix, tutto viene governato da una matrice spazio-cronometrica che distribuisce nel tempo numero di performer e relazioni con i materiali, posizioni e movimenti nello spazio, luci etc., in una performance non solo più estesa nella durata (1h 3’), ma anche dai caratteri gestuali e teatrali più accentuati.
34a Altra sigla: assente Il potere [Scene del potere, prima versione]
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Trascrizione: Vedi link? Luogo e data di composizione: [Roma], 1961 - 1963 [?] Note sulla genesi: Prima versione di Scene del potere, poi riformulato nella versione definitiva (in 3 parti), nella quale molti materiali di questa versione (presentata come ‘1^ serie’) sono stati travasati nella 2. parte, ovvero quella ultimata ed eseguita prima delle altre nel 1965. La genesi di questa versione, poi tralasciata, dovrebbe essersi iniziata – da testimonianze documentarie ed epistolari – non più tardi del 1961 quanto al testo musicale, se non già nel 1960 (almeno progettualmente), ed era connessa a iniziative di nuovo teatro musicale che nel 1964 avrebbero potuto avviarsi a Roma e/o a Reggio Calabria. Prima esecuzione: mai eseguito Note generali: Il titolo indicato in questa scheda viene da fonti documentarie (curricula e stesure di lavoro dello scritto ‘Un’esperienza di teatro musicale’, per la dicitura ‘Il potere’) e dal titolo apposto (da Guaccero? da Macchi?) sulla cartella che contiene il testimone (Scene del potere, I versione). Il testimone è una ‘partitura scheletro’ (vedi scheda manoscritto), apparentemente completa nelle linee verbali-vocali fino alla fine della ‘1^ serie’, chiusa con un episodio strumentale dopo che si sono succeduti tre episodi principali segnati ciascuno da un protagonista (il conferenziere-economista alias prof. Fisher, Rajk, il Presidente-generale) affiancato da altri personaggi (l’Accusatore, il Finanziere-capo, un attore che impersona Hitler) e dal Coro. Alcuni di questi personaggi si ritrovano nella versione definitiva (il Finanziere, il Presidente-generale, Rajk, Hitler), dove però manca il coro e lo strumentale presenta alcune variazioni; inoltre, lì il conferenziere compare soprattutto nella parte II e si impegna in una conferenza sulla musica, prima che sulla ‘eliminazione degli scarti’. Ma soprattutto, sembrano differenti alcuni principi drammaturgici e la notazione: non esplicitato (anche se previsto) è l’impiego teatrale degli strumentisti, appena abbozzata è la descrizione delle azioni e delle altre formanti teatrali (che invece è molto sviluppata e dettagliata nella versione definitiva); la notazione (anche considerando la sua stesura su fogli già pentagrammati) è sì allargata alla nuova semiografia sperimentale del tempo e spesso spazio-cronometrica, ma gode ancora di vaste zone di impianto tradizionale (mensuralità, notazione ordinaria delle altezze) che la avvicinano a lavori quali lo Studio per quartetto e Iter inverso, piuttosto che ai lavori collocati dopo il 1963.
39 Altra sigla: 03.06 Glossa
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Trascrizione: Vedi link? Luogo e data di composizione: [Roma], ottobre 1970 Note sulla genesi: Il brano nasce come ‘glossa dialettica’ – tuttavia eseguibile separatamente – agli Esercizi per voce femminile, del quale brano nella occasione concertistica di Bari fu approntata una revisione testuale (vedi). Prima esecuzione: 4.5.1971, Bari, Incontri Musicali del “Coretto”, Sala del Circolo dell’Unione. Michiko Hirayama, voce [esecuzione preceduta da ‘Esercizi’ per voce femminile] [esecuzione isolata:] 6.12.1983, Roma, Auditorium del Foro Italico, Stagione di Nuova Consonanza. Joan Logue, soprano. Note generali: Quando ‘Glossa’ viene eseguito dopo gli ‘Esercizi’, va eseguito un ‘Intermezzo’ di taglio metalinguistico, prevalentemente recitato, che spiega la relazione tra i due lavori (NB: gli Esercizi vi sono assegnati al 1964, in contraddizione con la data apposta autograficamente nella prima originaria versione). Il fatto che l’Intermezzo sia bilingue (italiano/inglese) sugerisce che, prima dell’esecuzione di Bari, possa (o doveva) essercene stata un’altra, all’estero o all’Accademia Americana di Roma. La performer agisce su strumenti a percussione, che inizia a utilizzare a partire da 2’54” e che impiega poi per una ‘improvvisazione violenta e sperimentale’. La notazione è cronometrica, ma – finché vige una notazione d’altezza – in buona parte su pentagramma, con numerosi segni diacritici per il timbro e la consueta notazione sintetica dell’intensità; la seconda parte consiste prevalentemente nella recitazione intonata (con notazione analogica o simbolica dei tratti sovra-segmentali) dei testi poetici selezionati dalle poesie del Black Power, con l’improvvisazione di cui sopra e una Coda cantata-recitata su lunghi glissandi. Durata (senza l’Intermezzo): 9’18”.
45 Altra sigla: 07.06 Sinfonia 3
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Luogo e data di composizione: [Roma], dicembre 1972 – gennaio 1973 (la prima stesura), 1973 ? la seconda stesura Note sulla genesi: Il brano può essere eseguito in tre dimensioni di organico sinfonico (vedi campo organico). La prima esecuzione effettuata a Milano, considerando il programma complessivo, dovrebbe esser stata realizzata nella versione da camera, e – anche da altre attinenze testuali – sarebbe perciò legata al ms. 1. Il ms. 2, ovvero la versione per grande orchestra, potrebbe esser stato preparato per un’esecuzione non ancora adeguatamente documentata, tenutasi a Palermo nell’ottobre del 1973. Per la relazione tra i testimoni manoscritti, vedi Note Generali e le rispettive schede. In coda al manoscritto, dedica ‘a AL’ (?). Prima esecuzione: 3.2.1973, Milano, Teatro Nuovo, I Pomeriggi Musicali di Milano. Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano, Riccardo Capasso, direttore. [versione per orchestra da camera] Note generali: Il lavoro deve il suo titolo, come Sinfonia 2, anche alla molteplicità eterogenea degli idiomi utilizzabili citativamente in alcuni momenti (musica classica famosa, pop/folk, canzoni commerciali; peraltro, il primo accordo in forte di tutta l’orchestra è un evidente La Maggiore). Pur essendo in un movimento unico senza soluzione di continuità (anche le cronometrie sono continue), in uno dei manoscritti sono presenti appunti autografi che stabiliscono un’equivalenza tra fogli-parti del brano e i 4 movimenti (con introduzione) della Sinfonia classica. La versione di partenza, corrispondente al ms. 1, sembra esser stata quella per orchestra da camera, per il cui ampliamento di organico a grande orchestra si trovano nel testimone appunti congruenti alla successiva versione; in quest’ultima, i primi 4 sistemi (zone superiore e inferiore delle prime due pagine) sono stati ‘trascritti’ in pagina intera, con trasformazioni del contenuto musicale ma non della forma complessiva La notazione è estremamente variegata per la semiografia dei parametri (altezze su pentagramma, simboli in campo aperto, grafici analogici, indicazioni di azione sonora...), ma predilige la notazione cronometrica delle durate. Sono presenti anche zone aleatorie e/o improvvisative (per tutto o parte l’organico). Durata complessiva: circa 15’.
61 Altra sigla: 03.10 Casa dell’Armonia
Elenco dei movimenti
Trascrizione: DA TRASCRIVERE Luogo e data di composizione: [Roma], ottobre 1981 Note sulla genesi: Primo di due lavori scritti per il Coro Aureliano (un coro femminile con sede a Roma) e il suo direttore Bruna Liguori Valenti. Prima esecuzione: 23.11.1981, Roma, Auditorium del Foro Italico, Stagione di Nuova Consonanza. Coro Aureliano; Bruna Liguori Valenti, direttore. Note generali: Il lavoro consiste di quattro parti non autonome, corrispondenti a quattro modalità diverse di configurazione di uno spazio d’ascolto, da cui il titolo (ricavato da un testo, probabilmente di Guaccero stesso, utilizzato sin da Scene del potere). Nella parte A (1’30”-2’) lo spazio viene individuato embrionalmente attraverso la disposizione perimetrica nella sala delle 24 voci, ma – a causa del contenuto livello dinamico delle loro emissioni, in parte vocali-sperimentali in parte attinte da un centone testuale – di tale perimetro è possibile, per ciascun singolo ascoltatore, solo un ‘ascolto relativo’ (ascolto di una sola tra le 24 fonti sonore). Nella parte B (2’30” circa), le 24 cantrici (sempre collocate sul perimetro) vengono fatte intervenire in successione per 12 gruppi da 2 a 5 linee, su materiali notati su pentagramma e con durate spazio-cronometriche, permettendo la ‘individuazione topica’ dello ‘spazio-perimetro’. Nella parte C (4’30” circa), lo ‘spazio-perimetro’ viene dapprima ‘costruito’ mediante la ripetizione di un materiale perlopiù continuo in altezza (notato su pentagramma come sopra) diverso per ciascuna cantrice, poi dissolto per lo spostamento perimetrale delle cantrici /interpolazione dei materiali di A e infine per il loro muoversi verso una posizione frontale rispetto al pubblico. Nella parte D (5’ circa) la posizione frontale (‘luogo deputato’) viene definitivamente raggiunta, quindi (dopo il canto sul testo dell’inno ‘Veni Sancte Spiritus’) ancora dissolta mediante l’uscita (‘sortita’) di 21 cantrici (le altre 3 continuano a cantare sul palco) che intonano suoni anche durante l’uscita e dallo spazio esterno. La notazione timbrica è ricca e variegata al pari di quella degli altri brani vocali, e nell’ultima parte si ottiene uno speciale effetto-massa variando sensibilmente ad ogni emissione il numero di cantrici. Durata totale circa 14’.
App1_01 [Musiche di scena per] Sonata di spettri [di August Strindberg, regia di Antonio Calenda]
Luogo e data di composizione: [Roma], 1968 [?] Note sulla genesi: Calenda era appena stato regista e performer nella première di ‘Rappresentazione et Esercizio’ (settembre 1968), e questa sarà la prima di cinque collaborazioni che Guaccero darà come autore di musiche di scena per suoi allestimenti. La data della prima (radiodiffusione?) è stata desunta da ‘I copioni della Prosa dell’Archivio Radiofonico Toscano’. Catalogo, a cura di Angela Frati, Edizioni dell’Assemblea – Consiglio Regionale della Toscana – Rai-Teche, Firenze 2008, p. 30. Prima esecuzione: 15.10.1968, Firenze, Studi Radiofonici della Rai. Traduzione di Luciano Codignola ; musiche di Domenico Guaccero ; Compagnia di prosa di Firenze della Radio. Interpreti: Caravaggi, Anna; Checchi, Andrea; Donati, Vittorio; Gentile, Gioietta; Ghione, Ileana; Gueli, Maurizio; Lionello, Alberto; Radicchi, Grazia; Scandurra, Franco. Regia di Antonio Calenda. Note generali: L’unica fonte nota è una serie di quattro nastri magnetici originali (vedi scheda in fonti sonore), conservati presso la Discoteca di Stato (ora ICBSA), ma provenienti dall’Archivio della Rai di Roma, e salvatisi grazie all’acquisizione in occasione di uno scarto d’archivio. La pièce è stata ridotta radiofonicamente dall’originale in 3 atti ?dal regista, che la presenta all’inizio del nastro radiofonico. Accanto ad effetti sonori (che potrebbero esser stati realizzati direttamente dallo studio radiofonico) sono presenti alcuni più o meno brevi interventi musicali, realizzati perlopiù da una voce femminile e da un’arpa, e perciò legati al personaggio della giovane Polly. Si segnalano, in particolare, due ‘canzoni’ collocate dopo il suicidio di Hummel, e dunque connesse all’utopia di rinascita e rigenerazione di un’umanità incontaminata, la cui ‘sorgente della vita’ non sia compromessa dall’ipocrisia o dai delitti, come per i personaggi adulti o anziani; nella prima, canta all’unisono con la voce femminile anche una voce maschile (si riconosce la voce di Guaccero stesso), mentre nella seconda – che prelude alla morte di Polly, anch’essa irrimediabilmente minata alla sorgente della vita – la voce femminile è sola a cantare; il testo, in italiano e in prosa, viene salmodiato diatonicamente contro un accompagnamento dell’arpa dissonante e metro-rimticamente irregolare, salvo un ribattuto assorto all’acuto che proviene dalla coda del primo (lungo tutta la pièce) e unico intervento musicale dell’arpa sola, incipiente con periodi ripetuti in uno stile vagamente debussiano, ma virante in una scrittura liberamente dissonante e priva di iterazioni riconoscibili, salvo il ribattuto. L’unico altro intervento musicale, nella zona iniziale della pièce, è una breve melodia tonal-modaleggiante della voce femminile sola, epifania del personaggio di Polly, in quel momento non ancora apparso in scena, ma presente quale osservatrice alla finestra della ricca casa benestante, simboli entrambi delle aspirazioni borghesi (poi frustrate) del giovane Askenholtz.
23 Altra sigla: 05.01.06 Negativo
Elenco dei movimenti
Trascrizione: DA FARE Luogo e data di composizione: Roma [?], 1964 Note sulla genesi: Il brano è dedicato (come molti altri di compositori della neo-avanguadia internazionale) a Severino Gazzelloni, che lo eseguì – con un certo scandalo – in prima assoluta ai Ferienkurse di Darmstadt nel 1964, e quello stesso anno in prima italiana alla Biennale di Venezia. Prima esecuzione: 18.7.1964, Darmstadt, Internationale Ferienkurse für Neue Musik Severino Gazzelloni, flauti Note generali: Si tratta di un brano-performance che impegna il flautista su vari tagli del flauto (in Do, in Sol, basso in Do, ottavino, flauti dolci, presenti altresì in scena come oggetti) e su alcune percussioni, e necessita anche della partecipazione di un ‘aiutante’ sul palco. Testualmente, l’opera combina una scaletta di ‘Azione’, di cui l’autore dà 4 varianti (per teatro o sala; per televisione; per radio; per solo), e un rotolo di notazione musicale perlopiù grafico-analogica (altezza in ordinata), da svolgere (e quindi da leggere) da destra verso sinistra, da metà brano circa in poi ad opera dell’aiutante (che, a fine brano, sull’accensione delle luci e un colpo di charleston, farà cadere il rotolo): è così realizzato uno dei ‘progetti’ estetico-poetici del lavoro, ovvero la reversibilità tra dimensione spaziale e temporale, con la prima evidenziata anche dal prescritto muoversi dell’esecutore in sala e all’esterno del suo perimetro. L’enunciazione – letta da parte del flautista – di alcuni dei principi estetici del progetto è inclusa nella performance, ed è motivo della scelta del titolo: ‘Negativo’, in quanto elemento non-sonoro-musicale ma organico al brano (che presenta evidenti tratti gestuali, anche nelle altre azioni prescritte all’esecutore – montare un flauto e prepararsi a suonarlo senza iniziare; tamburellare su alcuni toms), sebbene non manchi qui un possibile riferimento alla dialettica negativa di Adorno e all’estetica del negativo. La ricchezza timbrica delle parti notate sembra tuttavia suggerire con ‘Negativo’ un superamento della fase più acutamente ‘(meta-)critica’ verso il linguaggio, incarnata dai precedenti Incontri a 3. Durata prevista: non più di 10’.
49 Altra sigla: 08.11 Ajna
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1977 Note sulla genesi: Frutto probabilmente di una commissione del complesso con sede a L’Aquila (dove Guaccero aveva avuto numerose prime e aveva insegnato in Conservatorio), il brano ricevette il titolo e l’inclusione nel più vasto progetto ‘Descrizione del corpo’, nonostante in un precedente appunto gli strati del brano con questo titolo fossero destinati a tre solisti (flauto, chitarra, percussioni). Prima esecuzione: 13.1.1978, Sala Accademica di Via dei Greci, Accademia Nazionale di Santa Cecilia - Stagione da Camera 1977-78. I Solisti Aquilani, Vittorio Antonellini, direttore. [in alcuni programmi, il titolo è indicato erroneamente Aria o Anja] Note generali: ‘Ajna’ fa parte del ciclo "Descrizione del corpo" (insieme a Ajna e Luz), elaborato nel corso degli anni ’70 attorno a un principio ternario: tre plessi sacri del corpo (plessi frontali, centrali e sacrali) corrispondenti ai tre lavori, e al loro interno a tre strati che possono essere eseguiti separatamente, o in combinazioni a due, o tutti e 3 insieme. Ajna corrisponde al plesso superiore-frontale, indicando la parola (lingua hindu) il ‘terzo occhio’. Dei tre strati, solo quello per archi (con interventi su piccole percussioni da parte del direttore) è stato completato, e corrisponde al ‘luz’ di ‘Ajna’ (elemento ritmico-percussivo), nonostante sopra e sotto la partitura fossero stati predisposti due sistemi, uno per la voce e uno per il nastro magnetico (coerentemente all’ultima redazione del progetto presente negli appunti preparatori). E’ prescritta una disposizione simmetrica degli strumentisti ad arco a destra e sinistra del contrabbasso al centro. Sono utilizzati due tipi di grafia per il parametro-durata: grafia cronometrico-spaziale (prima parte) e grafia misurata (seconda parte), più una ricca serie di segni per le indicazioni di timbro e di sordina (due tipi, più preparazione delle corde). Durata totale: 9’. Manoscritti
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38 Altra sigla: 07.05 Sinfonia 2
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1970 Note sulla genesi: Anche se non reca una dedica, il brano sembra esser nato dalla collaborazione continuativa in quel periodo tra Guaccero e I Solisti Veneti, che ne hanno realizzato versioni con solista non espressamente previste nella premessa alla partitura, ma tuttavia rientranti nel campo di possibilità dell’opera. L’esecuzione con corno solista dovrebbe esser stata proposta nello stesso concerto con la prima della trascrizione per chitarra e archi di Variazioni 3, oppure nel concerto limitrofo della tournée, il giorno dopo. Prima esecuzione: [versione per organo e archi] 5.9.1970, Verona, Auditorium di S. Francesco al Corso, Estate Teatrale Veronese. Wolfango Della Vecchia, organo; I Solisti Veneti; Claudio Scimone, direttore. 19.12.1970, ??? [Veneto]. I Solisti Veneti; Claudio Scimone, direttore. [versione per corno e archi] 26 o 27.10.1970, Roma, Auditorium di S. Leone Magno, Istituzione Universitaria dei Concerti; Giacomo Grigolato, corno; I Solisti Veneti; Claudio Scimone, direttore. Note generali: Di nuovo una partitura sintetica riportata su una sola pagina. Il titolo rinvia al significato etimologico del termine (suonare insieme), e non si riferisce solo all’indefinizione della tipologia di organico strumentale, ma anche ai materiali da impiegare: ne sono previste 6 (A: altezze di scale tonali su gradi accordali; B1-4: musica colta-classica di ogni tempo, musica popolare o folk scarsamente commerciale, musica jazz/rock di tipo commerciale, canzoni – da festival o no – il più commerciale possibile; C: rumori extramusicali), alle quali ciascun esecutore è assegnato secondo una proporzione indicata a ogni inizio movimento, ma scegliendo poi liberamente il dettaglio dei materiali che eseguirà. Con la stessa indicizzazione sono scelti i registri. Le durate sono spazio-cronometriche, ma corrispondono non a durate fisse bensì a porzioni proporzionali della durata complessiva di un movimento. Gli unici parametri stabiliti con precisione sono perciò le intensità generali e parziali e le velocità metronomi che/di articolazione dei materiali scelti da ciascun esecutore. Il numero di esecutori dev’essere uno dei primi 6 multipli di 12 (12-24-36-48-60-72) in modo da rispettare sempre la proporzione indicata riguardo la tipologia dei materiali da eseguire (da 1/12 a 1/3 del totale). Sono previsti i classici quattro movimenti di una Sinfonia, tra i quali il secondo (con indicazione espressiva ‘sexy’) corrisponde al tempo lento, ed è l’unico che riporta (per i materiali B1) una notazione diastematica (somigliante a quella neumatica) su quattro righe. La durata complessiva per la quantità minima di esecutori (12) è di 12’, da aumentarsi logaritmicamente (?) con l’aumentare degli esecutori.
App2_07 Vita di borgata [musiche per l’omonimo documentario di Giuseppe Ferrara]
Luogo e data di composizione: [Roma], 1962 Note sulla genesi: Le musiche sono state scritte per il documentario ‘Vita di borgata’, 1962, di Giuseppe Ferrara (documentarista, divulgatore/didatta del cinema, noto soprattutto come regista di lungometraggi spesso di denuncia e d’inchiesta storica). Note generali: L’audiovisivo è un’inchiesta sul disagio e l’emarginazione della borgata Tiburtino III, all’epoca estrema periferia est di Roma: il fenomeno è ricostruito dalle sue origini storiche (spostamento forzato di popolazione dal centro di Roma ad opera del fascismo, inurbamento ed immigrazione) ai suoi risvolti perduranti più di 15 anni dopo il termine della guerra, in termini di carenze nella mobilità urbana (episodio ‘il problema dei trasporti’), di carenze abitative (in case-casermoni sorte disordinatamente e poveramente, eppure contese con ogni mezzo illecito dai poveri occupanti, episodio ‘il problema della casa’), di assistenza alla popolazione (episodio ‘il problema sanitario’), di insufficienza di spazio pro capite (‘problema della coabitazioni forzata’), di lavoro, difesa accanita delle occupazioni illegali e svago (‘occupazione del tempo libero’). Il montaggio alterna immagini di repertorio, documenti girati ad hoc e docu-fiction, e perciò avvicenda colore e bianco e nero; si conclude con una considerazione retrospettiva, pessimistica considerazione (da 30 anni di immobilismo la città rifiuta di integrare a sé le periferie) nel desolato paesaggio notturno delle case-caserme. Le musiche di Guaccero, pur mutando figure e carattere nei diversi episodi e modalità narrative (fino a un certo umorismo nell’episodio della lite tra occupanti, con trilli dilaganti), mantengono una certa unità di materiali, improntati dal tritono e dalla scala ottatonica; anche alcune figure di fondo ricorrono (accompagnamenti isocroni, melodie sconsolate), ma cedono il passo a pannelli musicali più complessi (quello imitativo-asimmetrico dei fiati sulla foto notizia dello sgombero forzato e del tentativo di suicidio). Di queste musiche non sono state rintracciate fonti di tipo cartaceo presso l’Archivio Guaccero; l’unico testo attestato è quello audiovisivo.
15 Altra sigla: 05.04.02 [Secondo] Quartetto per 2 clarinetti, viola e chitarra
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Luogo e data di composizione: Roma [?], febbraio – marzo 1958 Note sulla genesi: Eseguito nell’ambito del ‘Festival di Musiche Contemporanee’ organizzato dalla Rai in collaborazione con la S.I.M.C. Prima esecuzione: 30.6.1958, Roma, Auditorium di Via Asiago della Rai, Festival di Musiche Contemporanee (Rai-S.I.M.C.). Giacomo Gandini e Silvano Pandolfi, clarinetti; Lodovico Coccon, viola; Mario Gangi, chitarra. Note generali: Il lavoro è il primo ad abbandonare alcune modalità di pensiero neo-classicheggianti, per avvicinarsi al linguaggio e allo stile della serialità post-bellica (Boulez soprattutto, nonché il Maderna di quegli anni). Pur riconoscibile l’organizzazione seriale delle altezze, non si può parlare di serialità integrale (ovvero di organizzazione seriale degli altri parametri), anche se un criterio stratigrafico nell’assegnazione di un’unità metrico-temporale di base a ciascun strumento è riconoscibile in più punti. La scrittura è tendenzialmente monodica anche per gli strumenti polifonici (viola e chitarra), ma le combinazioni verticali (come quelle a fasce in allargamento-espansione riconoscibili all’inizio del brano) appaiono regolate proprio mediante la distribuzione seriale delle altezze. Il movimento centrale è un tempo di transizione, più breve e senza l’intervento della viola, organizzato in cinque periodi sfilacciati da pause, mentre i movimenti estremi sono assai più articolati ed elaborati nella successione di brevi pannelli a volte consequenziali nella trasmissione di elementi ritmici da uno all’altro. In tutti testimoni la partitura è scritta con i clarinetti in suoni reali, ma le due parti sono state concepite per esser suonate con clarinetti in Si bem. Durata complessiva prevista dall’autore: 12’10” circa. Edizioni
14 Verglenzboysuchos
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Luogo e data di composizione: 10.06, 1960 Note sulla genesi: Secondo la Premessa alla partitura dell'autore stesso, il brano è stato concepito come lavoro didattico, un 'gioco' "per cominciare ad impadronirsi d'una tecnica combinatoria e improvvisativa". Prima esecuzione: ??.5.1961, Palermo, 2. Settimana Internazionale di Nuova Musica. ??????? VERIFICARE PROGR ORIGINALI! Note generali: La partitura consta di un grande foglio (col titolo sul bordo), al cui centro sta un’isola formata da uno schema di 14 quadrati vuoti (segnati da A a N), attorniata da altre piccole isole con quadrati già scritti e non trasformabili. Il ‘gioco’ consiste nel disporre nell’isola centrale 6 rettangoli della misura di tre quadrati allineati (la disposizione può essere trasformata nel corso dell’esecuzione) e di improvvisare un percorso (secondo regole di uscita/entrata dalle isole) nonché – in determinate situazioni – di improvvisare tout-court. Nella premessa sono spiegati i simboli semiografici, orientati sin d’ora a un certo sintetismo (simbolo insieme grafico e semiografico; valenza parallela su più parametri per lo stesso simbolo; semplificazione dei simboli) e alla sperimentazione timbrica sugli strumenti impiegabili.
15 Altra sigla: 05.05.02 ….un iter segnato
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Luogo e data di composizione: Roma [?], 1960 Note sulla genesi: Il lavoro potrebbe esser stato composto espressamente per la Prima Settimana di Nuova Musica di Palermo, col cui ambiente Guaccero (al pari degli altri esponenti della neo-avanguardia musicale romana) era in stretto ed organico contatto. Prima esecuzione: 13.5.1960, Palermo, Teatro Massimo, 1. Settimana Internazionale di Nuova Musica. Gruppo strumentale dell’Orchestra Sinfonica di Roma della RAI; Daniele Paris, direttore. Note generali: Il brano è costruito – fra gli altri parametri – sull’avvicendamento di differenti temporalità musicali (e, collegate, densità delle textures), per cui diverse tipologie di notazione in rapporto al tempo vengono utilizzate: mensuralità rigorosa, mensuralità elastica (ad es. l’inizio, in cui la polverizzazione della materia in figure ‘il più veloce possibile’ rende superflua la sincronizzazione delle figure), notazione spaziale delle durate, note o pause coronate con durata psicologica (batt. 98 e 215), così come successivamente nella Improvvisazione per viola. Le densità e le figure, così come la paletta timbrica, sono estremamente variate (emergono episodicamente assoli, uno dei quali – al contrabbasso – simile a un assolo jazzistico), per terminare in una linea enunciata in eterofonia timbrica da segmenti diversi dell’ensemble per ogni nota. Verso la conclusione, è prescritto che 6 strumenti su 10 si allontanino dalla loro postazione iniziale (tradizionalmente compatta) per disporsi in formazione aperta e distante, accennando un utilizzo parametrico dello spazio. In una lettera a A. Titone, l’autore accenna all’originalità delle soluzioni qui sperimentate (“fuori dal cliché ‘zeitmassiano’ che è ul verbo di oggi”). Partitura scritta in suoni reali. Durata indicata dall’autore: circa 11’30”.
18 Altra sigla: 05.05.04 Iter inverso
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Luogo e data di composizione: Roma [?], 1962 Note sulla genesi: Il brano è legato a '....un iter segnato', del quale (come esplicita lo stesso autore in un dattiloscritto di presentazione, redatto probabilmente in vista della prima assoluta in Spagna) ripercorre le tappe del percorso formale in senso inverso, partendo da una monodia distribuita in eterofonia timbrica tra gli strumenti. Prima esecuzione: 28.5.1965, Madrid, Teatro María Guerrero,39. Festival della SIMC. Orquesta Filarmónica de Madrid; Enrique Garçia Asensio, direttore. Note generali: Il lavoro consta di due parti da eseguirsi senza soluzione di continuità: I. da monodia a linea, II. da linea a sfera, intendendo così il tragitto di elaborazione di textures sonore complesso fino al ‘campo’, sfiorando anche stilemi jazzistici assunti nel percorso ‘fenomenologicamente’, senza alcuna valenza dissacrante o validante. La prima parte consta di quattro episodi (definiti ‘fogli’) a notazione mensurale ‘allargata’ (86 battute) più uno a notazione cronometrica (51 unità); la seconda (per quel che è dato indovinare) constava di soli due episodi-fogli, interamente a notazione cronometrica o a durate coronate (74 unità). La disposizione degli strumenti nello spazio esecutivo è stabilita e finalizzata al movimento spaziale della materia sonora entro la configurazione timbrica dell’ensemble, e si riflette sulla disposizione degli strumenti in partitura (dall’alto al basso dell’accollatura: dal più anteriore, il flauto, al più arretrato, la tuba). I testimoni del brano sono lacunosi (vedi schede ms. e edizione), e non permettono allo stato di disporre con completezza del materiale testuale-musicale, almeno in riferimento all’unica incisione esistente (ma effettuata alcuni mesi dopo la scomparsa dell’autore). Peraltro, anche questa – e tantomeno i testimoni esistenti – non risponde al piano progettato negli appunti, che prevedevano sia un’improvvisazione su schema (la cui collocazione nel percorso non è tuttavia chiara), sia altri tre fogli-episodi per la seconda parte, caratterizzati da regole aleatorie di ingresso degli strumenti (o di loro insieme) in relazione al materiale (è possibile un’influenza dei lavori aleatori per ensemble di Evangelisti, tutti precedenti).
59 Altra sigla: 05.04.04 Quartetto per archi [n. 3]
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1980 - 1981 (terminato nell’ottobre 1981) Note sulla genesi: Dedicato “ai cari, bravi, pazienti amici del ‘Quartetto Nuova Musica’”, ovvero ai primi esecutori del brano, formazione fondata nel 1963 e nucleo generatore del Gruppo Strumentale Musica d’Oggi. Il lavoro, pur essendo il secondo (o il terzo) ‘ufficiale’ di Guaccero per l’organico classico, non presenta – nei testimoni e nei programmi di sala delle esecuzioni – un numero ordinale, forse per non confonderlo col ‘Secondo quartetto’ o con i 'Due tempi', ma anche per segnarne la distanza dai lavori di fine anni Cinquanta. Prima esecuzione: 6.12.1983, Roma, Sala IN/ARCH di Palazzo Taverna, Stagione di Nuova Consonanza. Gruppo Strumentale Musica d’Oggi (I Solisti di Roma): Massimo Coen e Mario Buffa, violini; Margot Burton, viola; Luigi Lanzillotta, violoncello. Note generali: Il brano segue un impianto ‘a matrice’ sperimentato ripetutamente da Guaccero in quegli anni: è dato uno schema temporale (spazio-cronometrico) complessivo, per una durata di 16’ totali, nel quale collocare i materiali notati (quattro grandi blocchi, A-D, in notazione su pentagramma e con valori di durata ordinari entro misure) da eseguirsi secondo un punto d’inizio e una direzione di lettura differente per ciascuno strumento) secondo il diagramma riportato; sullo schema, sono riportate anche le varianti parametriche (quattro per ciascuno dei tipici parametri-base, ovvero altezza, timbro, intensità, durata) con cui trasformare il materiale notato. Sono prescritte anche preparazioni per gli strumenti. Lo schema è l’unico elemento testuale da osservarsi ‘con cura letterale’ per l’esecuzione: i matetiali A-D possono invece intendersi anche come ‘esercizio preparatorio’ all’esecuzione, ed essere sostituiti da altri purché simili e funzionali alle trasformazioni parametriche. L’anno 1980 è indicato sul frontespizio del lucido e (con aggiunta manoscritta autografa) all’inizio dell’eliocopia allegata; l’ottobre 1981 è indicato in calce alla Premessa. I diritti del brano sono stati acquisiti nel 2004 dall’editore Rai Trade, che non ne ha – a quanto risulta – preparato un’edizione a stampa.
40 Altra sigla: 01.04 Rot, azione coreografica
Elenco dei movimenti
Trama: Vedi note generali Luogo e data di composizione: [Roma], 1970-1972 Note sulla genesi: Il balletto, nato da un’idea elaborata insieme al coreografo Amedeo Amodio (allora direttore del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma), era stato previsto nel cartellone stagionale del Teatro dell’Opera di Roma già nel 1971 e poi di nuovo nel 1972, quando evidentemente era già stato completato (il suo differimento creò già polemiche di vario segno nell'ambiente romano). Le vicissitudini di preparazione che si verificarono ancora nel 1973 costrinsero Guaccero a registrare su nastro magnetico non solo quanto vi era inizialmente destinato, ma anche tutte le parti per le percussioni e gli interventi degli esecutori elettronici dal vivo (‘Elettronica Viva’), tra i quali la vocalist Michiko Hirayama, per cui dal vivo rimasero solo le voci soliste coordinate al nastro magnetico e alla scena dal direttore. La première fu assai movimentata e disturbata dal pubblico tradizionalista-reazionario del Teatro, preparatosi in anticipo a rifiutare il lavoro per i riferimenti storico-politico-sociali. Prima esecuzione: 12.6.1973, Roma, Teatro dell’Opera Lucia Vinardi, soprano; Daisy Lumini, voce folk; Giancarlo Montanaro, baritono; gruppo Elettronica Viva [su nastro]: Michiko Hirayama (voce sperimentale), Walter Branchi e Alvin Curran; Percussionisti del Teatro dell’Opera di Roma diretti da Franco Barbalonga [su nastro]; Lucia Colognato, Stella Di Simone, Diana Ferrara, Patrizia Luzi, Astrid Ascarelli, Lucia Truglia, Amedeo Amodio, Domenico De Santis, Antonio Garofalo, Tuccio Rigano, Raffaele Sofia e Augusto Terzoni, danzatori. Gianluigi Gelmetti, direttore. Amedeo Amodio, coreografia. Agostino Bonalumi, scene e costumi Note generali: Il titolo allude a uno dei tre colori (rosso,in tedesco) del processo alchemico, i cui colori-fasi (nero-bianco-rosso) segnano le fasi della coreografia (e delle soluzioni illuminotecniche e scenografiche), ma parimenti al colore del socialismo in quanto forza di liberazione-crescita storica dell’uomo politico-sociale, in una doppia valenza del percorso (civile e spirituale) che, come in altri lavori (Scene del potere, Rappresentazione et Esercizio) ambiva a trovare una sintesi in senso ‘umanista’. La notazione è sostanzialmente cronometrica, con utilizzo degli ormai sperimentati segni sintetici per le indicazioni dei vari parametri (timbro, registro e intensità soprattutto); caselle con valori mensurali sono inserite nella scansione cronometrica, in genere accompagnati a notazione su pentagramma per voci, tastiere e timpani. Di grande varietà e ricchezza l’articolazione timbrica, soprattutto nelle percussioni, per le quali sono richiesti sei set ciascuno con uno strumento per i sei materiali differenti e modalità di eccitazione spesso basate sul numero 6, da combinarsi con gli elementi già predisposti. Sono conservati consistenti materiali di progettazione e elaborazione della partitura, che evidenziano una gestione estremamente ‘analitica-polifonica’ delle componenti teatral-musicali, con zone a densità sonora assai esegue: ad es., a 5’18” per circa 1’30” è prescritta azione nel più assoluto silenzio, quindi per 1’ gli unici suoni presenti devono essere quelli dei danzatori in scena. Presenti anche documenti sonori riguardanti l’elaborazione del nastro magnetico utilizzato per l’esecuzione. Durata totale: 30’30” circa.
21 Altra sigla: 05.03 Incontro a tre (variazioni su Ionesco)
Elenco dei movimenti
Trascrizione: Vedi link? Luogo e data di composizione: [Roma], 1963 Note sulla genesi: Collegato al 'Nuovo incontro (a 3)' nello smontaggio-rimontaggio di elementi da testi di Ionesco, in una sorta di rappresentazione della crisi del linguaggio (anche musicale). Presenti nel Fondo Guaccero numerosi materiali di progettazione e preparazione alla coppia di lavori. Prima esecuzione: 26.5.1963, L’Aquila, Auditorium del Castello, Società Aquilana dei Concerti ‘B. Barattelli’, Rassegna ‘Scelte e proposte’. Karl Kraber, flauti; Sergio Cafaro, pianoforte; Frederic Rzewski, pianoforte preparato. Note generali: il finale di 'Le sedie' di Ionesco) sull'impasse del linguaggio. Perciò, fondamentale è (piuttosto che gli annessi in notazione musicale, uno dei quali va peraltro composto a cura di uno dei due pianisti interpreti) la scaletta sequenziale con lo 'svolgimento dell'azione', in 16 punti (con durate per ciascuno di essi), corredata di istruzioni per la preparazione della scena oltreché per la decifrazione della semiografia musicale. Gli esecutori compiono azioni anche in platea, e utilizzano oggetti scenici (nonché i propri strumenti come oggetti scenici). Sono necessari per l'esecuzione due pianoforti. Tempo stimato della performance: 8' circa.
17 Altra sigla: 04.05 Studio per un quartetto
Elenco dei movimenti
Trascrizione: vedi singoli movimenti Luogo e data di composizione: Roma, 1961 (terminato il 3 maggio 1961) Prima esecuzione: 23.5.1961, Palermo, Sala Scarlatti del Conservatorio di Musica, 2. Settimana Internazionale di Nuova Musica (clar. picc. costituito dal flauto, sax tenore sostituito dal clarinetto). Barbara Altman, soprano; Tommaso Frascati, tenore; Angelo Faja, flauto; Vittorio Luna, clarinetto. Note generali: Il lavoro è articolato in sei brevi movimenti da eseguirsi senza soluzione di continuità (sono indicate anche le durate degli intervalli tra un movimento e quello adiacente). I testi intonati sono presenti solo nei movimenti 1., 3., 4. e 5. (negli altri, le voci cantano su vocali, non sempre indicate). Il trattamento delle voci è fortemente sperimentale, così come quello timbrico degli strumenti, i quali (nei non frequenti passi in cui tendono a relazionarsi biunivocamente a una voce) sono accoppiati con la voce omologa come timbro/strumento (soprano-clar. piccolo; tenore-sax tenore), mentre più spesso l’ensemble è impiegato collettivamente, oppure per coppie ‘voci oppure strumenti’, oppure solisticamente. Molto ricercata anche l’esplorazione dinamica (con trasformazioni continue dell’intensità agevolate dalle note lunghe). Va rilevato che in alcuni documenti il brano è indicato come ‘Terzo quartetto’, e che nel frontespizio le voci di soprano e di tenore sono presentate come ‘strumenti’, considerandosi quindi più un elemento sonoro interagente con quello strumentale che come una componente vocale tout-court. La notazione cronometrico-spaziale è prevalente nei tre movimenti 1. e 3., mentre nei restanti è combinata con quella mensurale. Luogo e data di conclusione sono state apposte manoscritte dall’autore.
20 Altra sigla: 07.01 Sinfonia 1
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], 1963 Prima esecuzione: 6.12.1983, Roma, Auditorium del Foro Italico. Gruppo Strumentale Musica d’Oggi; Angelo Faja, direttore. Note generali: L’intera partitura consiste in un foglio di 20x5 caselle: i 5 righi numerati dall’alto in basso da 1 a 5 corrispondono ai 5 movimenti della Sinfonia; le 20 colonne, numerate da I/XXI a XX/XL corrispondono agli n-romani esecutori impegnati, per cui una colonna è come se corrispondesse alla ‘parte staccata’ per uno di essi. Entro ogni casella sono poste 4 righe musicali (spesso con un numero di righi inferiori a cinque) ciascuna del valore medio di 5”, con materiale differenziato in ogni parametro per ciascun esecutore. L’esecuzione, comandata dal direttore, prevede inoltre che l’agogica interna a ogni movimento si trasformi secondo schemi semplici forniti anche nella ‘Premessa’; per alcuni movimenti è prescritta anche un’indicazione timbrico-dinamica valevole complessivamente. Posta la libertà nella scelta degli strumenti, gli esecutori devono disporsi sul perimetro dello spazio esecutivo e circondare il pubblico con una ‘parete sonora’. A seconda del numero degli esecutori coinvolto (da 10 a 40 per multipli di 5) ogni movimento avrà una durata proporzionalmente maggiore, da un minimo di 2’ a un massimo di 5’ (quindi, la Sinfonia 1 può durare da 10’ a 25’). Una precedente versione della ‘Premessa’ fornisce una regolazione dell’esecuzione differente in alcuni dettagli (da 3 a 40 esecutori, senza vincoli di passo tra una quantità d'organico e un'altra; specifica di cinque classi timbriche; possibilità di scambio di posto tra esecutori). Si tratta del primo grande sforzo di Guaccero nell’elaborazione di una semiografia fortemente economica e insieme sintetica-simbolica.
22 Altra sigla: 04.06 Nuovo incontro (a tre)
Numero d'opera: 1964 Elenco dei movimenti
Trascrizione: Vedi link? Luogo e data di composizione: Roma [?], marzo 1964 Note sulla genesi: Collegato all’ 'Incontro a tre (Variazioni su Ionesco)' nello smontaggio-rimontaggio di elementi da testi di Ionesco, in una sorta di rappresentazione della crisi del linguaggio (anche musicale). Presenti nel Fondo Guaccero numerosi materiali di progettazione e preparazione alla coppia di lavori. Il lavoro è stato concepito espressamente per la rassegna (organizzata dallo stesso Guaccero) nell’ambito della quale ebbe la sua première. Prima esecuzione: 19.4.1964, Roma, Teatro Ateneo dell’Università degli Studi di Roma [‘La Sapienza’], Istituto del Teatro – Centro Universitario Teatrale, rassegna ‘La Nuova Musica in Italia. Ciclo di manifestazioni per universitari e studenti’, 5. concerto. Miciko Hirayama, voce Duo Sperimentale, Sylvano Bussotti – Cornelius Cardew, pianoforte Note generali: Ferma restando la parentela con l’atro ‘Incontro a tre’, il presente brano dispone la selezione delle azioni con suono da Ionesco in uno schema formale differente, di tipo combinatorio: nel progetto sono previste tre ‘scene maiuscole’ (A, B, C) inframezzate da due ‘scene somma’ (a+b+c, a’+b’+c’); la disposizione delle scene in sequenza è libera, tenendo conto che il numero delle scene deve essere dispari (3 o 5) e che nelle posizioni dispari devono esserci ‘scene maiuscole’ (sono inoltre indicate alcune sequenze di buio-luce separatrici tra le scene). Di fatto, il compositore ha ultimato solo le scene maiuscole B e C e la scena-somma a-b-c. All’interno di ciascuna, come per l’altro ‘Incontro a tre’, fondamentale è la descrizione dell’azione (rispetto alla quale gli inserti in notazione musicale sono funzionali), considerando che nella scena-somma essa tende a essere parallela-irrelata per ciascun esecutore presente sul proscenio. Per l’esecuzione sono indicati gli oggetti scenici (tra cui una lavagna) e gli abiti che i performer devono indossare, accanto ai segni grafici particolari per la semiografia musicale. I due pianisti operano sul medesimo pianoforte.
47 Altra sigla: 06.03 Interno-Esterno 2
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], novembre 1976 Note sulla genesi: Scritto per il duo Schiaffini-Iannaccone, committenti di vari altri lavori per quest’organico in quel periodo. Prima esecuzione: [con il titolo di ‘Canto’:] 7.12.1976, Roma, American Academy in Rome. Gruppo Nuove Forme Sonore: Giancarlo Schiaffini, trombone; Michele Iannaccone, percussioni. Note generali: Il lavoro, proseguendo nella ricerca sulla spazialità sonora nel rito concertistico sperimentata nel brano con lo stesso titolo, fa entrare in e uscire di sala (una sola volta) i due performer, ai quali è prescritto (a inizio e fine performance) di emettere suoni fuori sala quando ancora il pubblico non ha finito di prender posto, o allontanandosi da essa a fine brano. Un vasto set di percussioni è dislocato, in piccola parte anche fuori sala, dove il trombonista prosegue la sua performance suonandoli mentre il percussionista entra, e prendendo il trombone solo in un secondo tempo. La fase centrale del brano è suonata da entrambi gli esecutori interamente all’interno della sala, e utilizza una notazione sostanzialmente misurata, mentre quando uno dei due o entrambi sono fuori sala essa è invece aleatoria-improvvisativa. Durata totale circa 9’.
56 Altra sigla: 05.01.13 Traccia
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Luogo e data di composizione: [Roma], novembre 1980 Note sulla genesi: Non è stato possibile identificare con certezza una circostanza generatrice della scrittura del dittico per violino solo, né un'esecuzione in vita dell'autore. Tuttavia, Guaccero aveva tenuto un seminario sul 'Il violino nella musica sperimentale italiana' proprio nel 1980, a Padova (3.6.1980) per il X. Festival Internazionale del Violino 'Giuseppe Tartini'. Nel programma del Festival non ci sono però indicazioni di esecuzioni in occasione di quel seminario, e il ms. autografo è datato novembre 1980. Prima esecuzione: [insieme a Su traccia:] 10.9.1984, Roma, Villa Bonelli, 1a Settimana di Musica Contemporanea ‘Omaggio a Domenico Guaccero’, Centro per la Musica Sperimentale. Luigi De Filippi, violino. Note generali: La scrittura, facendo base sulle caratteristiche dello strumento ad arco, procede perlopiù per note lunghe elaborate e articolate soprattutto sul piano delle sfumature nell’eccitazione della corda (posizione dell’arco sulla corda; quantità di vibrato; pressione della mano sinistra; microintervalli; armonici etc.). Notazione misurata delle durate; movimento unico, durata totale 6’. I diritti del brano sono stati acquisiti nel 2004 dall’editore Rai Trade, che non ne ha – a quanto risulta – preparato un’edizione a stampa.
37 Altra sigla: 03.07 Da cantare, per baritono
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Trascrizione: vedi singoli movimenti Luogo e data di composizione: [Roma], novembre – dicembre 1970 (il primo pezzo terminato il 24.11.1970, il secondo il 1.12.1970) Note sulla genesi: Il secondo movimento è stato scritto utilizzando un testo di Massimo Sani che doveva figurare entro un’opera (all’epoca in fase di elaborazione congiunta) sull’inquinamento. Non si può escludere che i due movimenti del brano siano stati utilizzati nell’ambito della performance dal titolo ‘Mille e non più mille’ tenutasi il 14.12.1970 presso il Teatro Ateneo, per la terza delle ‘4 Giornate di Musica Contemporanea’ organizzate dal Gruppo Rinnovamento Musicale, con la partecipazione del baritono Piero Cavalli. Prima esecuzione: ??? 4.12.1984, Roma, Accademia d’Ungheria. Giancarlo Montanaro, baritono Note generali: La scrittura vocale, pur meno spericolata che in altre occasioni, mantiene una notevole variegatezza sotto tutti gli aspetti parametrici, con particolare riguardo per timbri e intensità, ed anzi sembra avviarsi a quella decantazione ed essenzialità che sarà cifra dei lavori vocali dell’estrema maturità. La notazione delle durate è squisitamente cronometrica, ma quella delle altezze è relativamente tradizionale, su pentagramma (salvo le emissioni parlate). Estensione: dal Sol#1 al Fa3.
App1_02 Altra sigla: 02.01 e 04 [Musiche di scena per la] Orestiade [di Eschilo, regia di Antonio Calenda]
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Note sul testo: Il testo, oltre che tradotto, è stato probabilmente adattato dal regista, forse con la collaborazione di Nicola Ciarletta. Luogo e data di composizione: [Roma – L’Aquila], 1970 Note sulla genesi: Prima realizzazione di musiche di scena di Guaccero per Calenda e il Teatro Stabile dell’Aquila (ora d’Abruzzo), dove stava per trasferirsi quale docente di Conservatorio. L’allestimento fu realizzato negli ambienti sotterranei del Castello Cinquecentesco dell’Aquila, con un impianto spaziale anti-convenzionale che può aver avuto quale modello l’Orlando Furioso ariosteo messo in scena l’anno prima da Ronconi. Prima esecuzione: 10-24.3.1970, L’Aquila, Castello Cinquecentesco. Regia di Antonio Calenda; scene: Franco Nonnis; musiche: Domenico Guaccero; con Piera Degli Esposti, Carlo Valli, Armando Bandini, Lucia Negrini e Virginio Zernitz. Note generali: L’opera si divide nelle tre tragedie della trilogia eschilea, e ciascuna di essa in numeri (vedi schede movimenti). I materiali vocali usati, così come quelli su nastro, sono coerenti – anche semiograficamente – a quelli sperimentali impiegati in lavori coevi, e questo pose probabilmente problemi di realizzazione dal vivo agli autori dello spettacolo, avendo a disposizione voci di attori più che di cantanti; una parte dei numeri furono perciò registrati su nastro e diffusi da quel supporto (è per questo che sono conservati nei nastri corrispondenti), mentre di altri fu mantenuta l’esecuzione dal vivo eventualmente con nastro magnetico. Il novero completo delle musiche si dovrebbe perciò evincere dalle partiture, delle quali solo due sono disponibili da xerocopie del deposito Siae (fato in data 12.5.1970), mentre ciò che è stato posto su nastro si conserva per tutte e tre le tragedie. Gli strumenti impiegati variano a seconda delle singole tragedie e dei singoli numeri al loro interno.
48 Altra sigla: 08.08 Kardia per [otto] voci
Elenco dei movimenti
Trascrizione: Uror et occultae rodunt praecordia flammae: | o ego, si sileam, terque quaterque miser. Luogo e data di composizione: [Roma], 1976 Prima esecuzione: [con tutti gli altri strati:] 30.10.1976, Roma, Auditorium del Conservatorio di Musica, Incontri Musicali Romani – VI edizione. Ottetto Vocale Italiano; I Solisti Veneti; Claudio Scimone, direttore. [solo lo strato per voci:] 30.11.1984, Roma, Auditorium RAI del Foro Italico, XXI Festival di Nuova Consonanza. Stuttgarter Schola Cantorum; Clytus Gottwald, direttore. [con lo strato per quintetto a fiati:] L'Aquila, Teatro dell'Accademia di Belle Arti, rassegna "Un iter inverso" nel 20° della morte di D. Guaccero. Quintetto a fiati del Conservatorio 'Casella', Andrea Cappelleri direttore; Gruppo vocale ‘La Voix Humaine’, Massimo Di Pinto, direttore. Note generali: "Kardia" fa parte del ciclo "Descrizione del corpo" (insieme a Ajna e Luz), elaborato nel corso degli anni ’70 attorno a un principio ternario: tre plessi sacri del corpo (plessi frontali, centrali e sacrali) corrispondenti ai tre lavori, e al loro interno a tre strati che possono essere eseguiti separatamente, o in combinazioni a due, o tutti e 3 insieme (per un totale di 7 possibilità combinatorie, elencate –per Kardia – dallo stesso Guaccero). Dei tre lavori del ciclo, è l'unico completato in tutti i suoi tre strati: 1) per 12 archi, 2) per 8 voci, 3) per 5 fiati. La partitura li presenta perciò sovrapposti uno sull'altro; in caso di esecuzione a più gruppi, alcune sezioni di ogni gruppo non vanno eseguite, generando un gioco di densità cangiante per ogni possibile versione. Sono presenti appunti e abbozzi progettuali (riguardanti anche gli altri due brani del ciclo), soprattutto sulla simbologia triplice, spesso con matite o penne a colori, conservati presso l’Archivio Guaccero. La notazione è mensurale, ma indipendente per ogni strato; il raccordo tra i tre strati è possibile anche grazie alla presenza di fermate coronate, che favoriscono l’allineamento in alcuni punti e sono quanto più lunghe quanti più strati sono coinvolti nell’esecuzione. La ricerca in questo brano si sposta, vista anche la sua concezione, sulla combinazione polifonica (quindi sulle densità e sui rapporti verticali-armonici), e solo secondariamente sul timbro (parametro più indagato proprio nello strato per voci). Il pezzo per voci corrisponde al ‘kardia’ di Kardia, poiché nel progetto complessivo di Guaccero l’elemento cardiale doveva essere associato alle voci o al corpo umano. Il testo è ampiamente diluito entro una scrittura soprattutto timbrica-armonica. La durata in caso di esecuzione isolata è di circa 10’.
25 Altra sigla: 08.04 Esercizi per attore o mimo
Elenco dei movimenti
Trascrizione: Sull’eteronomia finisce l’autonomia / c’è scel-ta / il progetto è, ora, parte dell’oggetto / (ma questo non è il pezzo per Gazzelloni?) / Sperimentare eguale fare / - Il tempo - / Dietro me è il tempo / (Gazzelloni Gazzelloni!) / Io vedo dietro ma Io Io così, qui, sono qui, dietro/avanti Io Forma che rimane. Ho cellule nuove. Eccole. Eccole. Qui. Io più nuovo che ieri. Nasco / Che sappiamo tutto del corpo / Noi non abbiamo nulla provato. Vero? / Non c’è prova / (Pezzi sperimentali? Non/pezzi, non/pezzi) / Nulla è provato / Ora è la prova / Happening? Clownerie? / Tutti: ora / Augenmusik / Provocazione? / Tutti Insieme / Il progetto è parte dell’oggetto / La comunità. Il potere dev’essere sempre come tra pareti di vetro. E’ sconveniente? Luogo e data di composizione: Roma [?], 1965 Note sulla genesi: Dedica a Sylvano Bussotti e Romano Amidei, che contestualizza la composizione di questo brano – oltre che alla serie degli ‘Esercizi’ – alla fondazione della Compagnia del Teatro Musicale di Roma (organismo che avrebbe dovuto proporre anche un repertorio gestuale), l’avvio della quale Bussotti promosse – con Guaccero e Macchi – proprio nel 1965, prima di tirarsene indietro, e aun’iniziativa di Guaccero dell’anno precedente che aveva coinvolto a Roma i due come performer. A Bussotti è riconducibile anche la figura di Giovanna Pellizzi, che potrebbe esser stata la prima esecutrice del brano (ipotesi da verificare). Prima esecuzione: [?] 9.4.1965, Roma, Libreria Feltrinelli di Via del Babuino, per Concerti del Marcatre, I. Giovanna Pellizzi, attrice [eseguito probabilmente insieme agli Esercizi per mimo] Note generali: Oltre che di una introduzione-spiegazione, il testo del brano consta di uno schema/griglia temporale (durata indicata: circa 4’30”) entro il quale sono scomposti in gran dettaglio analitico le azioni da compiere con ogni singola parte del corpo, e le azioni vocali-sonore da effettuarsi contemporaneamente, il tutto notato – per strati sovrapposti con il tempo in ascissa – in maniera grafico-analogica; lo schema di base va integrato con una pagina di testo che, similmente agli Esercizi per voce, propone una chiave meta-critica della performance; esso è disposto in progressione temporale dall’alto verso basso (sequenza di lettura ‘normale’) con velocità ed enfasi da ricavarsi sempre analogicamente dalla grandezza/spaziatura e dalla corposità del tratto (sfumature nella modalità di emissione sono indicate con segni diacritici); il testo deve trovare posto entro le azioni corporee e vocali organizzate nello schema. Il lavoro è emblematico della tendenza di Guaccero (molto forte in questa sua fase, e complementare alla sotterranea tendenza sintetica) a scomporre analiticamente gli elementi di un testo performativo. Questo Esercizio può essere eseguito in combinazione simultanea con uno o più degli altri Esercizi del ciclo (vedi Opere multiple).
41 Altra sigla: 01.05 Novità assoluta. Azione teatrale
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Trama: DA FARE Luogo e data di composizione: [Roma], 1972 Note sulla genesi: Il lavoro è nato come spettacolo – da affiancarsi in una serata all’Histoire du Soldat – per il Piccolo Festival di Positano del 1972, fondato da Ezio Alovisi che dell’opera fu regista oltre che committente. Dopo la première, il lavoro risulta allestito un’altra sola volta (Roma, Teatro Alberico, 6.11.1977) con direzione e regia di Gianluigi Gelmetti. Prima esecuzione: 30.6.1972, Positano, Piccolo Festival di Positano Delia Surrat, soprano; Elena Pelna, danzatrice; Gianni Poggiali, attore; Bob Curtis, mimo; Giannella Di Marco, tastiere; Anne Beate Zimmer, flauto (fiato acuto); Ugo Fusco, sassofono (fiato grave); Tony Ackermann, chitarra elettrica. Gianluigi Gelmetti, direttore. Ezio Alovisi, regia. Alberto Lecaldano e Carlo Zaccagnini, scene. Note generali: L’idea di fondo è filiata da Scene del potere, e con essa alcuni testi utilizzati; specifica è la soluzione del restringimento dello spazio (con una valenza insieme drammaturgica e politica), che porta all’annientamento di tutti in un mucchio di corpi (morti e vivi) sul quale risuonano su nastro parole cantate dall’Internazionale. Oltre che testi, vengono ampiamente riutilizzati materiali/parti da vari altri pezzi precedenti (Variazioni 3, Klaviatura, Sinfonia 1, Sinfonia 2), spesso come materiali per episodi improvvisativi. Dopo una prima fase di presentazioni dei poteri/performer, iniziano nel contempo le combinazioni a coppie tra il quartetto dei poteri e i restringimenti dello spazio, fino alla ‘catastrofe’ finale; gli strumentisti sono essi stessi dei performer scenici, e cadono anch’essi nel mucchio dei corpi (il direttore, oltre ad avere la funzione che gli è propria, guida l’eliminazione progressiva e non è toccato). Nell’esiguità dell’organico e nell’attitudine ‘epica’ e meta-teatrale (convenzionalità esibita dell’associazione tra un performer e un potere; ruolo scenico degli strumentisti e del direttore; spostamenti a vista dei limiti dello spazio operata da due inservienti), si può cogliere una discendenza – non limitata a questo solo lavoro – dal teatro ‘epico’ dell’Histoire du soldat. E’ prevista anche la proiezione di filmati, oltre che interventi (perlopiù combinati alle azioni dei performer scenico-musicali) su nastro. Ampio spazio hanno, nella partitura stessa, le descrizioni delle azioni e degli elementi su scena: esiste una scaletta, elaborata nella fase di fissazione del testo (generatosi parallelamente a un periodo di studio/prove nell’imminenza della prima), poi travasata (con alcune lievi modifiche) nei 26/27 punti messi in sequenza nella partitura; la notazione musicale è a volte assente, e di norma si dispone dopo le indicazioni sceniche secondo diverse modalità semiografiche: la necessità di ‘concertare’ performer e/o strumentisti ha condotto anche all’utilizzo di una notazione mensurale, su pentagramma e su righe musicali, accanto a quella cronometrica. Durata complessiva: 36’ circa. Dal 2004 i diritti del brano sono stati acquisiti da RaiTrade; tuttavia non risulta realizzata un’edizione a stampa.
App1_05 Altra sigla: 02.02 Musiche per di scena l’Antigone [di Sofocle, regia di Antonio Calenda]
Elenco dei movimenti
Note sul testo: L’edizione del testo utilizzata per l’allestimento non è stata ancora identificata. Luogo e data di composizione: [Roma], [1975 –] 1976 Note sulla genesi: L’allestimento è stato prodotto dal Teatro Stabile dell’Aquila, per la regia di Antonio Calenda (col quale Guaccero aveva già collaborato quale autore di musiche di scena per l’Orestiade, L’Aquila 1970). Un manifesto senza indicazioni di luogo ed ente (conservato presso la Bibloteca Casa dei Teatri di Roma) dà come data della prima il 28 gennaio 1976, mentre in un proprio curriculum Calenda indica il 1975 quale anno di produzione. Prima esecuzione: ? 28.1.1976, L’Aquila, Teatro Stabile dell’Aquila. Regia: Antonio Calenda; scene: Nicola Rubertelli. Con Claudia Giannotti e Giampiero Fortebraccio. Note generali: La partitura esistente (vedi scheda manoscritto) presenta alcune contraddizioni interne, che potrebbero suggerire una selezione successiva alla prima stesura con una riduzione dei numeri musicali a sei: n. 1 “Raggio di sole” (Parodo, 4 strofe), coro all’unisono, 2 chitarre, pianoforte, basso; n. 2 (olim 5), 1° stasimo “Molte sono le cose mirabili”, 4 attori con percussioni; n. 3 (olim 7), ‘Coro p. 14’ (nastro?); n. 4, ‘Racconto della guardia p. 11’ (nastro?); n. 5, II stasimo “Felici quelli…”, voce femminile cantata, 4 voci, clarinetto, tastiera, percussioni; n. 6, V° stasimo “Dioniso dai tanti nomi…”, sax, tastiera, percussioni, voce femminile, voce maschile, nastro. La scrittura, pur non raggiungendo la definizione semiografica dei lavori vocali coevi (è d’altronde destinata ad attori, e non a cantanti), non è meno sperimentale e ricercata nel trattamento delle voci, soprattutto nei numeri 2, 3 e 6.
App2_12 "30.000 punzoni, 55.000 matrici" [musiche per un documentario su Bodoni]
Luogo e data di composizione: [Roma], 1969 [?] Note sulla genesi: Si tratterebbe della prima collaborazione tra il regista Massimo Sani e Guaccero, per la sonorizzazione di una puntata della rubrica ‘L’Approdo’, dal titolo "30.000 punzoni, 55.000 matrici", in sostanza un documentario su Bodoni. Note generali: Delle musiche non è al momento disponibile alcuna fonte, ma la collaborazione di Guaccero per le musiche è stata confermata per certa da Sani.
26 Altra sigla: 08.01 Esercizi per clarinetto
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], giugno 1965 Note sulla genesi: Dedica ‘a Bill’ (ovvero William O. Smith), clarinettista di riferimento – nella produzione sperimentale del secondo dopoguerra – per l’elaborazione e la messa a punto di nuove tecniche di emissione (soprattutto i multifonici), nonché primo esecutore del brano. Smith è stato attivo a Roma sin dalla fine degli anni ’50 grazie a borse di studio americane. Prima esecuzione: [con gli Esercizi per pianoforte, sotto il titolo di 'Duo':] 28.6.1965, Roma, Accademia Filarmonica Romana. William O. Smith, clarinetto; John C. Eaton, pianoforte. [da soli:] 17.12.1984, Roma, Festival di Nuova Consonanza 'Omaggio a Domenico Guaccero'. Jesus Villa-Rojo, clarinetto. Note generali: La sperimentazione in questo brano è soprattutto timbrica e dinamica, con effetti di una certa qual distorsione del timbro ‘ordinario’ del clarinetto e di violenza nell’emissione; per questo, le posizioni e le note base sono spesso quelle più basse, sulle quali l’articolazione timbrica (compresi i multi fonici) è favorita. Il lavoro è articolato in tre parti non autonome, delle quali l’ultima presenta alla fine i gesti sonori più vistosi. Durata indicata delle tre parti: 1’24”, 3’07” e 1’30”. Questo Esercizio può essere eseguito in combinazione simultanea con uno o più degli altri Esercizi del ciclo (vedi Opere multiple), e in particolare – per indicazione dell’autore – con gli Esercizi per pianoforte, composti nello stesso periodo ed effettivamente eseguiti insieme al presente brano nella prima assoluta. Del lavoro è segnalata una edizione da parte dello Studio Musicale Romano, della quale però non sono state trovate notizie o evidenze.
27 Altra sigla: 08.02 Esercizi per pianoforte
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], 1965 Note sulla genesi: Dedicato a John Eaton, pianista, sperimentatore elettronico e compositore statunitense borsista a Roma dell’American Academy, nonché primo esecutore del brano. Prima esecuzione: [con gli Esercizi per clarinetto:] 28.6.1965, Roma, Accademia Filarmonica Romana. William O. Smith, clarinetto; John C. Eaton, pianoforte. [da soli:] 10.12.1984, Roma, Festival di Nuova Consonanza 'Omaggio a Domenico Guaccero'. Daniele Lombardi, pianoforte. Note generali: Il lavoro ha una struttura in 5 x 5 frammenti (ripetibili) da montare in sequenza secondo regole fissate di scelta del percorso; i 25 frammenti sono distribuiti su cinque pagine (A-E) a seconda dei comportamenti timbrico-pianistici, fra i quali spiccano – per la valenza fonica e insieme gestuale – l’uso di massicci clusters e di glissandi; i materiali sono notati spesso su più degli usuali 2 pentagrammi (fino a 4), collocando su singoli pentagrammi le azioni da eseguire su cordiera e pedali o trasposizioni continue d’ottava sulla tastiera (come in ‘Proiezioni sonore’ di Evangelisti); il ‘salto’ da un frammento all’altro va scelto attraverso sigle alfanumeriche. Rispetto agli altri Esercizi, quello per pianoforte adotta perciò una forma più nettamente variabile-combinatoria, e condivide con quello per clarinetto l’assenza di elementi testuali meta-linguistici. Per questo motivo lo stesso autore, nell’indicare la possibilità di eseguirlo in combinazione simultanea con uno o più degli altri Esercizi del ciclo (vedi Opere multiple), raccomanda quella la combinazione con gli Esercizi per clarinetto, composti nello stesso periodo ed effettivamente eseguiti insieme al presente brano nella prima assoluta.
30 Altra sigla: 05.05.06 Pentalfa
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], [1965?-]1967 Prima esecuzione: 19.5.1967, Zagreb, Festival di Zagabria. Società Cameristica Italiana: Enzo Porta e Umberto Oliveti, violini; Emilio Poggioni, viola; Italo Gomez, violoncello; Gisella Belgeri, pianoforte/?organo?. Note generali: Similmente a Klaviatura, la partitura si sviluppa da una figura grafico-simbolica (il Pentalfa pitagorico, ovvero una stella a cinque punte, e quindi secondariamente il pentagono) che si riflette non solo nella relazione tra gli elementi e le azioni sonore, ma pure nella disposizione spaziale degli strumenti. La partitura consta di nove di queste figure sintetiche, disposte in tre file di tre figure corrispondenti ai tre minuti di ciascuna delle tre parti (alfa, beta, gamma), alcune delle quali accompagnate da un titolo indicativo (separazione, congiunzione, forzate il centro, equilibrate); entro le figure grafico-geometriche che forniscono le relazioni e i parametri fondamentali dell’episodio, si dispongono segni di notazione sintetica riguardanti soprattutto il registro e il timbro, spiegati (con le altre regole di esecuzione) nella introduzione alla partitura; è prescritta - solo in alcune parti - l'amplificazione degli strumenti e la preparazione degli archi.. La durata, in ragione dell’inserimento di una fermata generale tra le tre parti, dovrebbe sfiorare i 10’.
App2_03 Adolescenza [musiche per l'omonimo documentario, firmate con Egisto Macchi]
Note sul testo: L'audiovisivo presenta il testo enunciato da un tipico narratore-commentatore. Luogo e data di composizione: [Roma], 1959 Note sulla genesi: Musiche per il documentario 'Adolescenza' di Francesco Maselli, scritte congiuntamente da Guaccero e Egisto Macchi (come già accaduto per il documentario 'Fazzini', del 1956); così emergerebbe dal testimone manoscritto della partitura, nel fondo Coquet Macchi, mentre i credits nel testo audiovisivo accreditano il solo Macchi. Al momento non è possibile comprendere se ciascuno ha scritto singoli pannelli (e quali), o ambedue hanno lavorato congiuntamente ai brani. Note generali: Il commento musicale è presente per una porzione molto ampia dell’audiovisivo (circa 10 minuti sui 12’15” totali), combinandosi a volte alla voce narrante. Si riconosce un tema ricorrente, esposto nei titoli di testa dagli archi soli e riesposto ampiamente nell’epilogo, ma ripreso o accennato anche in altri punti del corto: il tema, avvolto su stesso nel profilo melodico, nonostante gli slanci melodici verso l’alto (mai superiori alla quarta giusta), è sostanzialmente un tema tonale in un minore bimodale, ma l’armonizzazione è sempre non-tonale, collegandolo alle altre fasi del commento in cui un inquieto ma lirico comportamento atonale (perlopiù tematico-contrappuntistico, come nei brevi episodi contrappuntistici degli archi, con arco o pizzicato, o più armonico-dissonante, fino all’aggregato quasi-cluster nel registro grave, per il pianoforte) sembra dar voce al disagio e alla difficoltà di vivere una transizione generazionale incompresa dagli adulti e banalizzata dalla società mass-mediatica. Nonostante la caratterizzazione musicale dei diversi episodi del commento sia alta, le musiche mantengono perciò una complessiva unità, sorprendente vista la doppia firma. Manoscritti
19 Altra sigla: 05.01.05 Improvvisazione per clavicembalo [con nastro magnetico ad libitum]
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], dicembre 1962 Prima esecuzione: 6.3.1963, Milano, Palazzo Durini. Mariolina De Robertis, clavicembalo Note generali: Il brano è notato spesso in notazione cronometrico-spaziale, distinguendo i due manuali (e prescrivendo con precisione la loro registrazione). Nelle quattro pagine, il testo musicale è distribuito in sezioni separate (ciascuna con l’indicazione della propria durata complessiva), per le quali è indicato dove inserire o togliere l’amplificazione; nelle pagine dispari (1 e 3), la successione delle sezioni è vincolata, nelle pagine pari (2 e 4) è (può essere) libera, salvo quanto segue: se si esegue il brano nella versione con nastro, l’esecutore deve registrarsi su nastro mentre esegue la pag. 2, e riprodurlo dopo aver eseguito la pag. 3 suonando contemporaneamente la pag. 4 (ovvero, la quattro sezioni – a-d – della pag. 2 in un differente ordine, più la sezione ‘e’ e la Coda); nel caso di esecuzione senza nastro (quindi con la pagina 4 limitata alla sezione ‘e’ più Coda), il brano dura max 5’53”; con nastro, può arrivare a 7’06”. La scrittura è spesso massiva-sperimentale (con glissandi/cluster), ma anche idiomatica (trilli, filari ornamentali, ribattuti, accordi arpeggiati). I diritti del brano sono stati recentemente acquisiti dai RaiTrade, che - a quanto risulta - non ne ha tuttavia realizzato materialmente un'edizione.
43 Altra sigla: 08.07 Kardia per quintetto di fiati
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1972 [-1973?] Prima esecuzione: [nella combinazione archi + fiati:] 17.4.1983, Royan, Théâtre du Casino Municipal, X Festival International d’Art Contemporaine. I Solisti Veneti; Claudio Scimone, direttore. [con tutti gli altri strati:] 30.10.1976, Roma, Auditorium del Conservatorio di Musica, Incontri Musicali Romani – VI edizione. Ottetto Vocale Italiano; I Solisti Veneti; Claudio Scimone, direttore. [solo quintetto a fiati:] 3.5.1982, Roma, Castel S. Angelo, “Nuovi Spazi Musicali” (4a edizione), Associazione Amici di Castel S. Angelo. Quintetto Romano: Monica Berni, flauto; Carlo Romano, oboe; Franco Ferranti, clarinetto; Luciano Giuliani, corno; Sergio Romani, fagotto [NB: il brano è indicato come ‘La descrizione del corpo (1a esecuzione assoluta)’. Note generali: "Kardia" fa parte del ciclo "Descrizione del corpo" (insieme a Ajna e Luz), elaborato nel corso degli anni ’70 attorno a un principio ternario: tre categorie del corpo (plessi frontali, centrali e sacrali) corrispondenti ai tre lavori, e al loro interno a tre strati che possono essere eseguiti separatamente, o in combinazioni a due, o tutti e 3 insieme (per un totale di 7 possibilità combinatorie, elencate –per Kardia – dallo stesso Guaccero). Dei tre lavori del ciclo, è l'unico completato in tutti i suoi tre strati: 1) per 12 archi, 2) per 8 voci, 3) per 5 fiati. La partitura li presenta perciò sovrapposti uno sull'altro; in caso di esecuzione a più gruppi, alcune sezioni di ogni gruppo non vanno eseguite, generando un gioco di densità cangiante per ogni possibile versione. Sono presenti appunti e abbozzi progettuali (riguardanti anche gli altri due brani del ciclo), soprattutto sulla simbologia triplice, spesso con matite o penne a colori, conservati presso l’Archivio Guaccero. La notazione è mensurale, ma indipendente per ogni strato; il raccordo tra i tre strati è possibile anche grazie alla presenza di fermate coronate, che favoriscono l’allineamento in alcuni punti e sono quanto più lunghe quanti più strati sono coinvolti nell’esecuzione. La ricerca in questo brano si sposta, vista anche la sua concezione, sulla combinazione polifonica (quindi sulle densità e sui rapporti verticali-armonici), e solo secondariamente sul timbro (parametro più indagato nello strato per voci). Lo strato per quintetto a fiati è l’ ‘ajna’ del multiplo Kardia, avendo stabilito l’autore che la componente frontale-superiore del corpo dovesse corrispondere – nella scelta degli organici – all’elemento fiato o vento. Durata: circa 8’.
App2_20 Miti e realtà / tifo sportivo
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1975 [?] Note sulla genesi: Musiche per audiovisivo/i non meglio identificabile/i, forse risalenti al 1975 (sugli stessi testimoni sono presenti manoscritti dei brani per ‘La guerra al tavolo della pace’). Note generali: Si è collegato a questa individuazione d’opera un assieme di fonti disparate (appunti concettuali/schematici, partiture) che hanno un legame tra loro, anche se non chiaro. Il documento che stabilisce questo legame è un foglio di appunti/elenco, primo di una serie di 13 (non tutti forse legati all’opera), su una facciata del quale è indicato il titolo ‘Miti e realtà’ con un semplice elenco numerato (fino a 11) di titoli, mentre sull’altra facciata l’elenco (titoli identici o quasi, ordinazione per lettera che si ritroverà nelle partiture superstiti) è esploso in schema con indicazioni dettagliate (di organico, ordine di registrazione, durata, tipologia di notazione-realizzazione…). Gli altri fogli di appunti – che alludono a elaborazioni di materiali vocali eseguiti dagli stessi strumentisti indicati per nome (Schiaffini, Iannaccone, Remigio, Baldi etc.), e che almeno in tre casi non dovrebbero riguardare ‘Miti e realtà’ – sembrano collegare questa serie di brani, invece che a un generico album di sonorizzazione pass-partout, a un documentario (in più puntate?) sul mito del tifo calcistico, dietro il quale si nasconde – o si vuole occultare a bella posta – una realtà sociale problematica, in cui il rapporto padrone-servo si riverbera anche sul fenomeno del tifo; tre fogli, in particolare, sembrano un indice-découpage di un montato relativo a tre luoghi emblematici del tifo calcistico: Napoli, Torino, Carbonia (la Sardegna e il rapporto con Gigi Riva). Premesso che alcuni brani sono definiti ‘improvvisazioni’ (libere o su traccia), i testimoni musicali superstiti riguardano: C. Desolazione (una pagina di foglio doppio – vi è notato anche il brano ‘Pop/op’, nella cartella beige strappata, flauto solo); H. In alto i cuori (una pagina di foglio doppio, nella cartella beige strappata - vi è notato anche il brano ‘Pop/op’, flauto solo); E. Il mondo è prospero 1-2 (incompleto nel manoscritto, due pagine in foglio doppio sul quale ci sono anche due pagine [3-4] di ‘La falsa pace’, ma completo in xerocopia [4 pagine], trombone chitarra tastiere); G. La città abbandonata (in realtà è una xerocopia di un appunto, nella cartella beige strappata, con un rigo in notazione musicale, voci percussioni e chitarra); F. Piccolo mondo attivo (xerocopia di 2 pagine, in nella cartella beige strappata, ensemble); D. Caro denaro (una pagina su foglio doppio, nella cartella e tra i materiali per ‘I 4 grandi’-La guerra al tavolo della pace, ensemble). Gli altri brani (A. Violenza è bella, B. Cancelli chiusi, H. La realtà è lotta) sono improvvisazioni, ma sono presenti appunti per il loro montaggio-organizzazione.
58 Altra sigla: 04.14 Cinque Canti da Tasso
Elenco dei movimenti
Trascrizione: LINK G Luogo e data di composizione: [Roma], 1980 Note sulla genesi: Concepiti per ed eseguiti all'interno dello spettacolo 'Fatti d'amore e di guerra', aprile 1980, Roma, Teatro dell'Opera di Roma, attività decentrate al Teatro Araldo. Lo spettacolo, per l'ideazione stesura e regia di Ezio Alovisi, era un'azione scenica da 'La Gerusalemme Liberata' di T. Tasso che si apriva con un'ampia prima parte musicata (nastro magnetico e i Cinque Canti) da Guaccero, per terminare con la realizzazione scenica de 'Il combattimento di Tancredi e Clorinda' di Monteverdi. Nello spettacolo furono coinvolti due degli altri tre performer - oltre a Guaccero - del gruppo Intermedia, ovvero il mimo-coreografo Claudio Conti e il soprano Lucia Vinardi, esecutrice in quella sede (verosimilmente con lo stesso Guaccero al pianoforte) dei Cinque Canti. In seguito, il lavoro iniziò a vivere di una vita concertistica autonoma, con alcuni assestamenti nel titolo. Prima esecuzione: 10.9.1982, Roma, Villa Torlonia, “Il sorriso della Medusa. L’universo femminile tra la maschera e la creazione”, Asscociazione Culturale Prometeo. Lucia Vinardi, soprano; Margherita Delfino Spiga, pianoforte; nella serata “Dalla traccia all’improvvisazione – azione I” [NB: il brano è indicato come ‘Cinque lieder della “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso’] Note generali: La parte del pianoforte prevede, in alcuni Canti, la preparazione di alcune corde, o l’azione direttamente sulla cordiera del pianoforte (corde pizzicate o percosse). Non meno variegata, ma essenzializzata e strettamente connessa ai valori espressivi del testo, la ricerca sulla vocalità; estensione della voce: Si2-Do4 (come suono armonico). La notazione è sempre su pentagramma (anche quando la vocalità è più parlata-intonata che cantata) e prevalentemente misurata ed entro stanghetta di battuta nei primi due Canti, salvo cadenze-vocalizzi; nei Canti seguenti, notazione spaziale con figure proporzionali al ‘cronos protos’. Durata totale circa 8’30”.
09 Preludio [e ricercare]
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 195? [tra il 1954 e il 1955?] Note sulla genesi: Potrebbe essere un esercizio stilistico di tipo didattico, realizzato nella classe di composizione di Petrassi, analogo ai Mottetti e ai Madrigali; l'ipotesi d'anno dipende dal posizionamento deciso dall'autore stesso in un elenco ordinato di composizioni (1967 circa) per documentazione artistica. La presenza di un timing suggerisce tuttavia anche un possibile utilizzo per sonorizzare audiovisivi. Prima esecuzione: non attestata Note generali: Il brano è elencato come ‘Preludio e ricercare’ in alcuni elenchi di attività e produzione artistica redatti da Guaccero per i Conservatori. L’unica fonte attestata, presso l’Archivio Guaccero, conserva probabilmente il solo Preludio.
App2_06 La passione del grano [musiche per l’omonimo documentario]
Note sul testo: L'audiovisivo comprende un testo (a cura di Ernesto De Martino) enunciato da un tipico narratore-commentatore. Luogo e data di composizione: [Roma], 1960 Note sulla genesi: Le musiche sono state scritte per il documentario “La passione del grano” (1960), regia di Lino Del Fra (con lo pseudonimo Antonio Michetti), uno dei maggiori documentaristi e registi di film storico-documentari nell’Italia del secondo dopoguerra. Il documentario vede inoltre la autorevole partecipazione di Ernesto De Martino, redattore – in qualità di esperto di antropologia meridionale – del testo sul rito descritto. Note generali: L’audiovisivo descrive un rito di ‘riparazione’ della civiltà contadina meridionale: per esorcizzare il ‘vuoto vegetale’ causato dalla raccolta del grano, ovvero dalla mietitura (cioè dalla falciatura delle spighe, una sorta di ‘delitto’ da occultare), il contadino dà la caccia a un capro come se fosse il principale responsabile dei danni ai campi di grano. L’inseguimento, uccisione e funerale del capro – dopo l’introduzione nei titoli di testa – è solo uno dei momenti del rito: seguono la spoliazione di una vergine (la ‘madre del grano’, la forza che lo farà rigenerare nell’anno successivo) e la svestizione derisoria del padrone. Alla fine del documentario, un’inquadratura su un contadino inoperoso ricorda però che a preoccuparsi per le incognite dell’anno-ciclo vegetale a venire sarà il bracciante povero… La musica di Guaccero tende a toccare – soprattutto nella caccia al capro – le corde stilistiche dello Stravinskij del Sacre o del Bartók del Mandarino meraviglioso, pur con un ensemble di proporzioni ridotte; è presente una cellula tematica ricorrente (tre note veloci per gradi congiunti ascendenti o discendenti, in intervallo complessivo di terza minore), riconoscibile soprattutto nei titoli di testa e nell’ultima parte del documentario, ma anche il funerale del capro e le sequenze successive presentano un tema predominante. Non è attestata al momento alcuna partitura del brano; nell’organico, spiccano i ruoli di primo piano dei fiati (corno inglese, clarinetto, tromba) e delle percussioni.
33 Altra sigla: 01.03 Rappresentazione et Esercizio. Azione sacra per 12 esecutori
Elenco dei movimenti
Trama: Nella prima parte (7 scene), in una formula drammaturgica intermedia tra teatro e rito (Rappresentazione), vengono ripercorse alcune fondamentali tappe testamentarie (creazione originaria, creazione di uomo e donna, costruzione del tempio, l’avvento del Christos/Unto, il suo sacrificio e morte). Nell’ultima parte (4 scene), si assiste a una sorta di vero e proprio rito (Esercizio) di concentrazione, esplorazione e uscita attraverso la tenebra verso la luce, realizzato con azioni, suoni e altre percezioni sensoriali. Luogo e data di composizione: Roma - Ariccia, 1968 (terminato nell’agosto) Note sulla genesi: L’ampia Premessa (insieme testo d’istruzioni esecutive e presentazione estetico-drammaturgica) è firmata ‘Roma-Ariccia, Luglio/Agosto ‘68’, ma non è chiaro se riguardi la copiatura in bella della partitura e la stesura della sola Premessa, o l’intero processo di composizione. Prima esecuzione: 28.09.1968, Perugia, Chiesa di S. Filippo Neri, Sagra Musicale Umbra Compagnia del Teatro Musicale di Roma Erminia Santi, Michiko Hirayama, Carol Plantamura, voci femminili; Tommaso Frascati, Enrico Fioretti Idigoras, Therman Bailey, voci maschili; Antonio Calenda, attore; Marcel Rayez, mimo; Nicola Samale, flauto; Bruno Battisti D’Amario, chitarra; Franco Barbalonga, tastiere; Domenico Guaccero, direttore; Antonio Calenda, regia; Marcel Rayez, consulenza coreografica; Michiko Nogiri, luci e costumi; Stefano Tolnay, direttore di scena. Note generali: Vedi anche campo Trama. La partitura, impiegante una notazione temporale spazio-cronometrica, descrive non solo le azioni sonore e verbali (testi recitati, con indicazione frequente di intonazione verbale), ma anche quelle gestuali, la predisposizione dello spazio (si prescrive una chiesa, con i tradizionali ambienti della navata centrale e dell’abside ulteriormente articolati con luoghi deputati), il movimento dei performer al suo interno, i costumi, le luci (o le candele) etc. Quasi tutti i performer devono impiegare abilità performative altre dalle proprie di origine (ad es. gli strumentisti, oltre ad agire e interagire con gli altri performer, devono usare la parola recitata e cantata; cantanti e attori devono episodicamente produrre suoni con strumenti a percussione); inoltre, il principio dell’impersonamento di un ruolo da parte di un performer è transitorio ed esibito meta-teatralmente. Quando sono indicate altezze per le azioni sonore, possono essere indicate su righi musicali (compreso il pentagramma) o in campo aperto secondo la notazione sintetica dei registri già sperimentata nei lavori precedenti. Il ventaglio delle emissioni vocali richieste – sia parlate, sia cantate, sia intermedie – è estremamente variegato e inventivo. Durata: 35’25” la Rappresentazione, circa 20’ l’Esercizio, con una pausa di preparazione-predisposizione prima di quest’ultimo indicata in 7’.
33a Altra sigla: 03.09 Esercizio
Elenco dei movimenti
Note sul testo: Montaggio testuale dell'autore. Testo simile alla seconda parte di Rappresentazione et Esercizio (con alcune varianti). Luogo e data di composizione: Roma, giugno 1980 Note sulla genesi: Rielaborazione in forma non-scenico-teatrale della seconda parte dell'azione sacra "Rappresentazione et Esercizio" (1968), per un’esecuzione concertistica nell’ambito del Festival dell’Unità 1980. Prima esecuzione: 7.9.1980, Bologna, Festival Nazionale dell’Unità, rassegna Musica per la Pace. Madrigal Studio, dir. Piero Cavalli. Note generali: La partitura è un adattamento della seconda parte di Rappresentazione et Esercizio, con riduzione degli esecutori vocali da 12 a 8. Gli episodi sono inizialmente i medesimi, con leggere differenze temporali e testuali e alcune trasposizioni, per essere più consistentemente riformulati a partire dalla scena 2. dell’originale; anche la conclusione è differente. La scrittura vocale è tuttavia la medesima, fortemente sperimentale e variegata, forse meno incline all’uso del parlato a causa dell’occasione concertistica. Anche la notazione è analoga (spazio-cronometrica, con uso di semiografia sintetica). Ogni foglio riprende ca cronometria da 0’; durata totale: circa 10’.
34 Altra sigla: 01.02 Scene del potere, azione scenico-musicale in tre parti
Elenco dei movimenti
Trama: Il tema del ‘potere’ declinato in varie chiavi (potere politico, economico, scientifico, coercizione violenta o controllo subdolo, rinuncia e cessione della propria responsabilità) e poi in differenti strutture drammaturgiche (4 scene in sequenza ‘ordinaria’ nella parte I, 5 scene parzialmente parallele e distribuite tra spazi esterni e interni alla sala nella parte II), per essere riletto – seguendo alcuni spunti della II parte – in chiave individuale-mentale nella III parte (il potere-controllo dell’uomo su stesso). Luogo e data di composizione: [Roma], 1964 [?] - 1968 Note sulla genesi: Progetto gestato sin dall’inizio degli anni ’60 (documenti epistolari al riguardo), ne era stata intrapresa la composizione in una prima stesura poi abbandonata (vedi scheda su ‘Il potere’), poi riformulata a partire dal 1964 circa, con la prima esecuzione della sola parte II nel 1965 e integrale nel 1968. Presso l’Archivio Guaccero sono conservati numerosi materiali concernenti la preparazione dei nuclei tematici e testuali del lavoro (selezione testi, citazioni, riflessioni), nonché della forma della drammaturgia (relazione degli elementi teatral-musicali) e di alcuni elementi scenico-visivi. Da definire meglio il ruolo di Franco Nonnis (scenografo e pittore, stretto sodale di alcuni esponenti della neo-avanguardia musicale romana) nell’elaborazione testuale e scenica, che dagli abbozzi sembra cadere sostanzialmente – almeno per il montaggio dei testi – sulle spalle di Guaccero, mentre probabilmente alcuni bozzetti presenti nell’Archivio Guaccero, nonché sicuramente i bozzetti di scene e costumi preso l’Archivio del Teatro Massimo di Palermo sono stati realizzati da Nonnis. Prima esecuzione: [solo la parte II] 26.4.1965, Roma, Teatro delle Arti, III Festival di Nuova Consonanza. Musica e sceneggiatura di DOMENICO GUACCERO. Regia di ANTONIO CALENDA; Elementi scenografici di FRANCO NONNIS; Consulenza coreografica di GABRIELLA MULACHIE’; Direzione e concertazione di DANIELE PARIS. Esecutori: MICHIKO HIRAYAMA, soprano; TOMMASO FRASCATI, tenore; LIDIA BIONDI; MARIELLA PALMICH, attrici; PIETRO ORIANA, attore; CIRO FORMICHELLA, lettore; MARIOLINA DE ROBERTIS, clavicembalo; JOHN EATON, pianoforte; NICOLA PUGLIESE, flauto; WILLIAMO O. SMITH, clarinetto; BALDO MAESTRI, saxofono tenore; MARIO GANGI, chitarra elettrica; CARMINE PEPE, percussione. [esecuzione integrale] 30.12.1968, Palermo, Teatro Biondo, VI Settimana Internazionale di Nuova Musica – produzione del Teatro Massimo di Palermo. I due soprani: Miciko Hirayama e Carol Plantamura. Il tenore: Tommaso Frascati. La Danzatrice: Gabriella Mulachiè. La Soubrette: Carla Cassola. Il Lettore: Enrique Fioretti Idigoras. L’Attore: Marcel Rayez. Le Acrobate: Paola Catalani e Francesca Romana Fagiani. Il Direttore: Daniele Paris. Il Pianista: Domenico Guaccero. Il Flautista: Angelo Faja. E inoltre: Franco Barbalonga, tastiere. Vittorio Luna, clarinetto. Salvatore Simoncini, saxofono tenore. Bruno Battisti D’Amario, chitarra e strumenti a pizzico. Helmuth Laberer, percussione. Direttore per la musica: Daniele Paris. Direttore per gli elementi visivi: Franco Nonnis. Direttore d’azioni: Gabriella Mulachiè. Direttore per la coordinazione d’insieme: Domenico Guaccero. Elementi scenici e costumi di Franco Nonnis. Assistenti: Franco Barbalonga, Marcel Rayez, Pietro Seffer. Maestro alle luci: Turi Belfiore. Maestro di palcoscenico: Salvatore Sciarrino. Note generali: Il lavoro, estremamente complesso e ampio, è diviso in tre parti (tre ‘atti’) eseguibili anche separatamente, delle quali le prime due presentano alcune continuità di figure ed elementi tematico-testuali (Hitler, Rajk, Oppenheimer, l’economista-conferenziere prof. Fisher…). La notazione delle durate è spazio-cronometrica, sia su pentagramma sia ‘in campo aperto’ con segni-simboli sintetici, e si estende a tutti gli elementi della drammaturgia (azioni, parole recitate o visualizzate, diapositive o filmati, luci, suoni su nastro magnetico, etc.); l’uso di episodi con indicazioni metriche – esplicite o implicite – è saltuario, e in genere legato a ‘citazioni’ musicali (proto-polifonia, Schumann). Accanto alla consueta sperimentazione (in tutte le direzioni parametriche) sul suono, è molto importante la configurazione dello spazio di esecuzione-fruizione nelle diverse parti, e spicca la già accentuata de-specializzazione dei performer: gli strumentisti sono anche vocalisti (inizio parte I) o attori (scene della parte II), così come il direttore della performance. Una compinente meta-linguistica, simile a quella presente negli ‘Incontri a tre’ e in Negativo, è ravvisabile chiaramente – attraverso il personaggio del Conferenziere – proprio nella parte II che cronologicamente è più vicina a quei lavori e alla scoperta di analoghi lavori meta-linguistici di Kagel e Schnebel. La componente improvvisativa è del pari presente, soprattutto nella parte III che chiude l’opera con una sorta di ‘esercizio’ esoterico come in Rappresentazione et Esercizio. Durata totale dell’opera: 2h 30’ circa.
35 Altra sigla: 07.04 Variazioni 3
Elenco dei movimenti
Trascrizione: ou, ma ton amatera psücha paradonta tetraktün | pagan aenaou phüseos rizoma t’echousan (“no, per chi ha trasmesso alla nostra anima la tetraktys | che [la quale] possiede la sorgente e la radice dell’eterna natura”) Luogo e data di composizione: Roma [?], 1969 Note sulla genesi: Brano composto per I Solisti Veneti (avendo presente il loro organico di archi, ma prescindendo dalla necessità di questo per le possibili combinazioni eleggibili) in vista della Biennale di Musica di Venezia 1969. In quella occasione, fu eseguito nella combinazione di un solista (fagotto), un complesso (i 12 archi) e un gruppo d’improvvisazione (esecutori di suoni corporei modulati, tra i quali lo stesso Guaccero), ma fu poi proposto dagli stessi Solisti Veneti in differenti combinazioni. Nella Premessa alla partitura, e più esplicitamente in una delle presentazioni per esecuzioni, l’autore ha dedicato il lavoro "a Claudio Scimone e ai Solisti veneti, a Alirio Diaz, Sergio Penazzi". Prima esecuzione: 9.9.1969, Venezia, Teatro La Fenice , XXXII Festival Internazionale di Musica Contemporanea. Sergio Penazzi, fagotto; Walter Branchi, Domenico Guaccero, Guido Guiducci, Michiko Hirayama e Egisto Macchi, improvvisatori; I Solisti Veneti, Claudio Scimone, direttore. Note generali: Nella Premessa alla partitura, e più esplicitamente in una delle presentazioni per esecuzioni, l’autore ha dedicato il lavoro "a Claudio Scimone e ai Solisti veneti, a Alirio Diaz, Sergio Penazzi". Variazioni 3 sta nella linea delle partiture sintetico-simboliche su un solo foglio: in questo caso, la figura-matrice è quella della tetraktys pitagorica, ovvero del triangolo/piramide formato dai primi quattro numeri naturali, con la differenza che Guaccero genera un triangolo (equilatero) con base e lati 9 (ovvero 3x3). Nove in effetti sono le ‘fonti sonore’ combinabili per generare l’organico con cui eseguire il lavoro (vedi organico analitico), raggruppabili tipologicamente in tre classi (3 solisti, 3 complessi formato ciascuno da 12 elementi, 3 gruppo d’improvvisazione formato ciascuno da 5 elementi); e nove le variazioni da eseguire, secondo un calcolo delle durate basato sulla quantità di esecutori coinvolti. Nella partitura, una tavola tripartita divisa in nove strati corrispondenti alle nove variazioni, sono poste nel triangolo centrale le figure-segno di altezza, nel rettangolo a sinistra quelle di intensità, nel rettangolo a destra quelle di timbro; il testo, intonabile da una voce, è distribuito (in caratteri greci) su tutta la tavola. Essa va integrata e decodificata con le ampie e articolate istruzioni, che riguardano – oltre alla semiografia delle figure – l’assegnazione delle durate (dalle singole figure alle strutture complessive), il rilievo di dimensioni parametriche e/o strumenti, la gestione delle entrate (soprattutto nel rapporto tra un solista e un complesso), la disposizione nello spazio, le varianti timbriche generabili con differenti emissioni, le densità, le modalità improvvisative etc. Esiste anche uno schema di intervento-comportamento degli esecutori coinvolti nella première veneziana. Vedi anche le schede sulle ‘trascrizioni’ per chitarra e fagotto. Durata variabile.
38 Altra sigla: 04.08 Da cantare 2, per voce femminile e chitarra
Elenco dei movimenti
Trascrizione: DA TRASCRIVERE Luogo e data di composizione: [Roma], 1970 Note sulla genesi: Non si può escludere che i due movimenti del brano siano stati utilizzati nell’ambito della performance dal titolo ‘Mille e non più mille’ tenutasi il 14.12.1970 presso il Teatro Ateneo, per la terza delle ‘4 Giornate di Musica Contemporanea’ organizzate dal Gruppo Rinnovamento Musicale, con la partecipazione delle performer vocali Michiko Hirayama e Joan Logue. Prima esecuzione: 24.7.2010, Monopoli, Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, 'Ritratti: Domenico Guaccero'. Maria Luisa Capurso, voce; Massimo Felici, chitarra. Note generali: Come l’omologo e coevo brano per baritono solo, il brano comprende due movimenti; il testo dovrebbe esser stato scritto/montato da Guaccero stesso. La ridotta difficoltà della parte di chitarra potrebbe suggerire una destinazione a una sola esecutrice-performer, dalle capacità vocali-interpretative peraltro molto propense al teatro, a giudicare dallo stile (quasi da cabaret) e dalla vocalità, spesso prossima al parlato. Estensione: dal Lab2 al Fa4. Notazione sostanzialmente cronometrica, anche se combinata all’indicazione di moduli ritmici basici.
52 Altra sigla: 05.04.05 Matrix (Filo rosso). Azione con suoni per 4 esecutori
Elenco dei movimenti
Trascrizione: DA TRASCRIVERE Luogo e data di composizione: [Roma], 1979 [?] Note sulla genesi: Dedicato a Antidogma Musica. Guaccero aveva già incontrato il lavoro del gruppo Antidogma Musica e dei suoi esponenti (attivi già da molti anni a Torino, anche con una propria stagione di concerti) nel precedente Convegno Aimas di Ancona nel 1978, ed è possibile che la richiesta per un lavoro di tipo performativo sia nata in quell'occasione. Prima esecuzione: 29.4.1980, Ancona, Teatro Sperimentale, II Congresso Nazionale Complessi Musicali Autogestiti. Ensemble Antidogma Musica: 4 esecutori tra: Claudio Montafia, flauto; Dora Filippone, chitarra e mandolino; Lucia Donnini, pianoforte; Carmine La Vecchia, chitarra e percussioni; Giovanna Salvatori, flauto; Enrico Correggia, direttore. Esecuzione di 20.12 e 21.12.1984 a Frascati (Palazzo Comunale) e Roma (Auditorium RAI Foro Italico): Federica Lotti, flauti; Dora Filippone, chitarra; Lucia Donnini, pianoforte e clavicembalo; Enrico Correggia, percussioni. Note generali: Il lavoro deve il titolo a una matrice di lettura, con l’indicazione dell’andamento nel tempo di alcuni parametri (soprattutto relazionali-performativi, ad es. numero di performer e loro azione-collocazione nello spazio, passaggio di tutti i performer al materiale di uno di loro, tipi di attacchi, luci etc.) in relazione al foglio di materiali scelto da ciascun performer tra gli 8 proposti (4 di ‘teatro’, 4 di ‘musica’); un nono foglio, ‘Finale (teatro-musica)’, è da inserire obbligatoriamente per tutti ai 2/3 del pezzo, prima di proseguire con la lettura di quelli già scelti fino alla fine. A seconda del numero di materiali-fogli impiegati (da minimo 4, uno per ciascun esecutore, a tutti e 8), il pezzo ha una durata tra 20’ e 40’; se i materiali-fogli sono più di 4, essi devono essere scambiati secondo una matrice aggiunta. I titoli dei materiali-fogli rivelano la loro centonizzazione da precedenti lavori di Guaccero stesso: Scene del potere, Negativo, Elenchi (1° movimento di ‘Da cantare’), Nuovo Incontro, per i fogli di ‘teatro’; Mille e non più mille (testo cantato in Rot), Luz, Black Out, Interno/Esterno, per i fogli di ‘musica’. Ai 4 ‘esecutori’ non è richiesto di essere attori-cantanti professionali, anche se è richiesti loro di compiere azioni gestuali e/o vocali. All’interno di ciascun foglio, la notazione va dalla mera descrizione-scaletta delle azioni (sonore-gestuali) da compiere, alla notazione musicale su pentagramma non misurata; la matrice reca una notazione simbolica su base spaziale-cronometrica.
42 Altra sigla: 08.06 Kardia per archi
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1972 [-1973?] Note sulla genesi: "Kardia" fa parte del ciclo "Descrizione del corpo" (insieme a Ajna e Luz), elaborato nel corso degli anni ’70 attorno a un principio ternario: tre categorie del corpo (plessi frontali, centrali e sacrali) corrispondenti ai tre lavori, e al loro interno a tre strati che possono essere eseguiti separatamente, o in combinazioni a due, o tutti e 3 insieme (per un totale di 7 possibilità combinatorie, elencate –per Kardia – dallo stesso Guaccero). Dei tre lavori del ciclo, è l'unico completato in tutti i suoi tre strati: 1) per 12 archi, 2) per 8 voci, 3) per 5 fiati. La partitura li presenta perciò sovrapposti uno sull'altro; in caso di esecuzione a più gruppi, alcune sezioni di ogni gruppo non vanno eseguite, generando un gioco di densità cangiante per ogni possibile versione. Sono presenti appunti e abbozzi progettuali (riguardanti anche gli altri due brani del ciclo), soprattutto sulla simbologia triplice, spesso con matite o penne a colori, conservati presso l’Archivio Guaccero. La notazione è mensurale, ma indipendente per ogni strato; il raccordo tra i tre strati è possibile anche grazie alla presenza di fermate coronate, che favoriscono l’allineamento in alcuni punti. Prima esecuzione: [insieme allo strato per quintetto a fiati:] 17.4.1973 Royan, Théatre du Casino Municipal, 10. Festival International d'Art Contemporain; I Solisti Veneti, dir. Claudio Scimone. [con tutti gli altri strati:] 30.10.1976, Roma, Auditorium del Conservatorio di Musica, Incontri Musicali Romani – VI edizione. Ottetto Vocale Italiano; I Solisti Veneti; Claudio Scimone, direttore. [a solo] 29.11.1984, Roma, Auditorium RAI del Foro Italico, XXI Festival di Nuova Consonanza. Gruppo Strumentale Musica d’Oggi; Angelo Faja, direttore. Note generali: "Kardia" fa parte del ciclo "Descrizione del corpo" (insieme a Ajna e Luz), elaborato nel corso degli anni ’70 attorno a un principio ternario: tre categorie del corpo (plessi frontali, centrali e sacrali) corrispondenti ai tre lavori, e al loro interno a tre strati che possono essere eseguiti separatamente, o in combinazioni a due, o tutti e 3 insieme (per un totale di 7 possibilità combinatorie, elencate –per Kardia – dallo stesso Guaccero). Dei tre lavori del ciclo, è l'unico completato in tutti i suoi tre strati: 1) per 12 archi, 2) per 8 voci, 3) per 5 fiati. La partitura li presenta perciò sovrapposti uno sull'altro; in caso di esecuzione a più gruppi, alcune sezioni di ogni gruppo non vanno eseguite, generando un gioco di densità cangiante per ogni possibile versione. Sono presenti appunti e abbozzi progettuali (riguardanti anche gli altri due brani del ciclo), soprattutto sulla simbologia triplice, spesso con matite o penne a colori, conservati presso l’Archivio Guaccero. La notazione è mensurale, ma indipendente per ogni strato; il raccordo tra i tre strati è possibile anche grazie alla presenza di fermate coronate, che favoriscono l’allineamento in alcuni punti e sono quanto più lunghe quanti più strati sono coinvolti nell’esecuzione. La ricerca in questo brano si sposta, vista anche la sua concezione, sulla combinazione polifonica (quindi sulle densità e sui rapporti verticali-armonici), e solo secondariamente sul timbro (parametro più indagato nello strato per voci). Lo strato per archi è il ‘luz’ del multiplo Kardia, avendo previsto l’autore che l’organico di archi o percussioni fosse legato alla componente ritmica e più pulsionale del corpo. Solo raramente è prevista la divisione delle consuete 5 parti di archi. Durata: citca 11’.
46 Altra sigla: 05.05.08 Black-out
Elenco dei movimenti
Trascrizione: - Luogo e data di composizione: [Roma], [1974 -] febbraio 1975 Prima esecuzione: 21.2.1975, L’Aquila, Auditorium del Castello, ‘Incontri con la nuova musica’, 2. rassegna, Ente Musicale Società Aquilana dei Concerti ‘B. Barattelli’ – Circolo Giovani Amici della Musica. ‘Nuove Forme Sonore’: Michiko Hirayama, soprano; Anne-Beate Zimmer, flauto; Frances Marie Uitti, violoncello; Giancarlo Schiaffini, trombone; Michele Iannaccone, percussioni. Note generali: Il lavoro consta di 9 sequenze (da A a I), le prime quattro da improvvisare su matrici/schemi di altezze, le seguenti combinanti procedimenti improvvisativi, gestuali e eventi sonori da produrre nel tempo secondo una più dettagliata indicazione cronometrica. In particolare la sequenza finale stratifica cinque tipologie di materiali (scelti dai performer), trai quali un ‘gran solo da concerto’, una ‘marcia dei marines’ e un modulo di marcia cassa-piatti, più clichet vocali da ‘signora bene’ per la voce, le cui risatine rimangono isolate e diventano sempre più gelide fino alla fine: un’allusione al black-out come ‘degradazione e ingovernabilità dei massimi sistemi’. Durata complessiva: circa 10’.
App2_08 L’annunziata [musiche per l’omonimo documentario di Luigi Di Gianni]
Elenco dei movimenti
Note sul testo: L'audiovisivo presenta il testo di commento enunciato da un tipico narratore voice-over. Luogo e data di composizione: [Roma], 1962 Note sulla genesi: Le musiche sono state scritte per il documentario ‘L’annunziata’, 1962, di Luigi Di Gianni (uno dei maggiori documentaristi italiani del secondo dopoguerra). Note generali: Il documentario illustra il brefotrofio (perlopiù femminile) della "Real casa dell'Annunziata" a Napoli, con le sue ospiti giovani e meno giovani (alcune vivono lì da varie generazioni, spesso abbandonate già al momento della nascita nella apposita ‘ruota’); le macro-sequenze sono sostanzialmente quattro: presentazione (con voce fuori campo), tre ragazze raccontano la loro storia, l’immagine di una bambola introduce delle anziane rimaste a loro modo ‘bambine’, infine si torna a racconti di giovani con problematiche (una gravidanza non desiderata, una fuga d’amore) ma aspiranti a una felice normalità familiare e lavorativa, possibilmente fuori dall’Istituto. La partitura consta di 8 brevi numeri, che ruotano tre strumenti in differenti combinazioni (1: tromba e sax; 2: tromba, fisarmonica, celesta; 3: come il 2 con il pianoforte al posto della celesta; 4: pf e fisarmonica; 5: tromba sax e celesta; 6: tromba e sax; 7: pf solo (poi con tromba e fisarmonica); 8: tromba, fisarmonica, celesta), generando una scabra e timbricamente non convenzionale (rispetto al commento sinfonico imperante all’epoca) serie di interventi. Stilisticamente, vengono utilizzati materiali tonali combinati con molta libertà, e melopee su scale difettive sovrapposte (n. 1); viene forse richiamato un tema popolare napoletano famoso, ‘distorto’ nell’arrangiamento; perciò, alcuni numeri sono tematicamente legati (1 e 6; 2, 3, 5, 7 e 8). I tempi indicati sulla partitura e le relazioni con le immagini suggeriscono che il piano della musicazione sia stato fatto dopo aver visionato almeno un pre-montaggio; ciò nonostante, il montaggio definitivo non comprende uno dei numeri (il n. 6), ne include uno non presente nella partitura (da 9’50”) e taglia/sfuma alcuni brani registrati in precedenza. Il compositore ha comunque provato a generare – anche attraverso un innesco della musica da parte delle immagini, ad es. il racconto della ragazza ‘patetica’, o l’immagine della bambola – una minima drammaturgia audiovisiva, legata a codici diffusi e riconoscibili. Manoscritti
51 Altra sigla: 05.01.12 Rota
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Luogo e data di composizione: [Roma], novembre - dicembre 1979 Note sulla genesi: Il brano è dedicato a Elena Zaniboni, che il compositore ringrazia per ‘averlo introdotto pazientemente ai segreti dello strumento’, e a Libero Samale, medico, studioso di esoterismo e (con lo pseudonimo di Frank Graegorius) scrittore di letteratura nera, che probabilmente ha fornito una lettura-struttura dei tarocchi travasata nell’impianto del lavoro. Prima esecuzione: 6.12.1983, Roma, Sala IN/ARCH di Palazzo Taverna, Stagione di Nuova Consonanza. Elena Zaniboni, arpa Note generali: Il lavoro ha un impianto aleatorio e una notazione fortemente grafico-simbolica: le 22 ‘carte’ (numerate 0-21) che compongono il testo sono molto simili ai tarocchi (da cui il titolo), con un’indicazione agogica al posto del nome e figure simbolico-musicali (del genere ‘sintetico’, con grande varietà di figure riguardanti la sperimentazione timbrica sullo strumento) al posto della figura del tarocco; esse vanno disposte in 11 possibili sequenze sul leggio, e posso esser lette secondo tre direzioni; quest’impianto ricorda quello di lavori di Cage in cui la notazione delle azioni sonore-gestuali è riportata su supporti tipo carte da gioco, ma in genere in Cage (Theatre Piece, ad es.) la disposizione della carte viene decisa dal caso a ogni esecuzione, come in un gioco di carte. Quanto al titolo, si fa notare la grafia con cui compare in una delle fonti manoscritte (r-o-t-a), che lo avvicina a quello di Rot. E’ indicata la possibilità di un’esecuzione con nastro magnetico (mai predisposto dall’autore), da avviarsi a inizio esecuzione e lasciar scorrere fino alla fine dosando (da 0 al massimo) nella sua presenza fonica a cura dell’interprete stesso mediante un potenziometro a pedale. Durata totale non indicata.
53 Altra sigla: 04.12 Tre invenzioni
Elenco dei movimenti
Trascrizione: Mane; Tekel; Fares. Luogo e data di composizione: Roma, marzo 1979 Note sulla genesi: Il brano si deve alla committenza del cornista Domenico Ceccarossi, al quale è dedicato; Ceccarossi lo ha inciso (‘Domenico Ceccarossi e i contemporanei – vol. II’, lp Pentaphon/Beat Records, 1983, con Joan Logue soprano e Edoardo Hubert pianoforte) assieme a molti altri brani da lui richiesti a vari compositori italiani, ma, dalle evidenze esistenti, non sembra averlo mai suonato in pubblico. Prima esecuzione: 15.12.1992, Roma, Sala d’Ercole dei Conservatori al Campidoglio. Maria Chiara Pavone, soprano; Angelo Agostini, corno; Luca Salvadori, pianoforte. Note generali: Il lavoro è diviso in tre parti/movimenti non autonomi, da eseguirsi senza soluzione di continuità (è indicata anche la durata della pausa tra un movimento e il successivo). La prima (durata 2’15” circa, notazione su pentagramma e spazio-cronomtrica) muove da un unisono (Sib 3), lavorato timbricamente/microtonalmente e poi per espansione della fascia e delle figure, fino al ritorno a questa nota come generatrice di una proiezione verticale; la seconda è uno studio sulle articolazioni, anche timbricamente denaturate (preparazione e percussioni sulla cordiera del pianoforte, sordine e timbri vari al corno, emissioni vocali non ‘ordinarie’ alla voce), durata 45”, notazione sintetica e cronometrica; la terza (durata 2’, notazione misurata su pentagrammi) diluisce nella parte vocale il testo della profezia di Daniele, entro una trama timbrico-armonica assai calibrata. Durata totale: circa 6’.
56 Altra sigla: 05.02.03 Su traccia
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Luogo e data di composizione: [Roma], novembre 1980 Note sulla genesi: Non è stato possibile identificare con certezza una circostanza generatrice della scrittura del dittico per violino solo, né un'esecuzione in vita dell'autore. Tuttavia, Guaccero aveva tenuto un seminario sul 'Il violino nella musica sperimentale italiana' proprio nel 1980, a Padova (3.6.1980) per il X. Festival Internazionale del Violino 'Giuseppe Tartini'. Nel programma del Festival non ci sono però indicazioni di esecuzioni in occasione di quel seminario, e il ms. autografo è datato novembre 1980. Prima esecuzione: 6.12.1983, Roma, Sala IN/ARCH a Palazzo Taverna, Stagione di Nuova Consonanza. Massimo Coen, violino Note generali: Il lavoro si compone di due pagine-materiali: una ‘traccia’ (simile solo in alcuni aspetti della scrittura timbrica a quella dell’omonimo, limitrofo brano), da seguirsi secondo una lettura lineare fino alla fine (durata della traccia: 6’); una di ‘improvvisazioni’, in tutto sei (inserite tra parentesi quadre), da inserire ad libitum nei punti in cui anche il testo della traccia è tra parentesi quadre; l’esecutore può decidere di eseguire solo una parte di una ‘improvvisazione’ (o addirittura di reinventarla, attenendosi alla scrittura violinistica lì proposta) per sostituire una porzione di traccia, per cui la durata rimane comunque di 6’. L’interprete deve avere a disposizione due strumenti: un violino ordinario e un ‘violino preparato’ (le preparazioni sono spiegate nel dettaglio nelle ‘note d’esecuzione’), per cui l’effetto sonoro sul violino preparato può risultare molto differente dalle altezze indicate (scrittura d’azione, con esito sonoro non legato alla notazione); la prima metà della ‘traccia’ va eseguita sullo strumento ordinario, ma almeno due improvvisazioni su tre andranno eseguite sullo strumento preparato; viceversa nella seconda metà della ‘traccia’. Rispetto all’altro brano del dittico, la ‘Traccia’ presenta una maggior varietà di soluzione timbriche e gesti strumentali, compresi il pizzicato e (verso la fine) la scordatura delle corde mentre le si suona, per cui lo strumento (in quel momento, lo strumento preparato) acquisisce un’accordatura molto vicina a quella della viola, con notazione in chiave di contralto. Le ‘improvvisazioni’ dispongono di una scrittura ancor più dinamica e mossa, accordi compresi. La notazione è su pentagramma, spaziale-cronometrica (ma con uso di figure da notazione proporzionale). I diritti del brano sono stati acquisiti nel 2004 dall’editore Rai Trade, che non ne ha – a quanto risulta – preparato un’edizione a stampa.
60 Altra sigla: 09.01 CMPSZN 2, musica per danza
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma, 1981 Note sulla genesi: Il lavoro fu commissionato a Guaccero nel 1981 dal Roma Dance Studio Ballet diretto da Claudia Venditti, per un baletto con le coreografie Elena Gonzalez Correa e i seguenti apporti: Sandro Zanazzo, elementi scenografici; Daniela Albicocchi, Silvia Costantini, Jakie Dejonghe, Peter Deno, Denise Gambini, Elena Gonzalez Correa, Patrizia Mortaloni, danzatori. I dati sono tratti da una brochure di promozione della compagnia, ma non riportano data e luogo (presumibilmente il Teatro Olimpico di Roma) della eventuale prima esecuzione coreografica. Nastro magnetico realizzato presso lo Studio 29A (uno studio ‘condominiale’ avviato dallo stesso Guaccero dopo l’estinzione dello Studio R 7) insieme al tecnico del suono Piero Schiavoni. Prima esecuzione: [audizione da concerto:] 16.11.1984, Roma, Sala Borromini, ‘La musica elettronica in Europa’, primo concerto, Musica Verticale, Nicola Bernardini regia del suono. Note generali: Il nastro magnetico è stato realizzato sovrapponendo e missando fino a 8 tracce-registrazioni dal vivo di pianoforte (preparato e non), eventualmente elaborate (modifica della velocità, filtraggio, modulazione ad anello, riverberazione, taglio o montaggio a loop del nastro). Le elaborazioni si riconoscono all’ascolto, non essendo stato rintracciato o riconosciuto al momento alcun documento preparatorio che le possa riguardare. Non identificato è anche il pianista delle registrazioni; potrebbe essere Guaccero, stesso, o anche Giuseppe Scotese, il cui nome si trova in alcuni appunti – risalenti al 1981 – per un progetto di brano per pianoforte e nastro magnetico Nelle presentazioni alla coreografia, si sottolinea il suo carattere di gioco geometrico, accentuato dall’impiego di forme bidimensionali e luci in combinazione con i corpi danzanti.
63 Altra sigla: 04.15 Un hombre
Elenco dei movimenti
Trascrizione: LINK G Luogo e data di composizione: Roma, giugno 1983 Note sulla genesi: Commissionato da Luigi Pestalozza (cui il pezzo è dedicato ‘per antico impegno’) per una manifestazione all’interno del Festival Nazionale dell’Unità 1983, poi ripresa l’anno successivo a Roma (Istituzione Universitaria dei Concerti, 15-16.5.1984, ‘Musiche per la libertà dei popoli – Musica per il Cile’), a 10 anni dal golpe militare in Cile. ‘Un hombre’ del titolo è appunto Salvador Allende, dacché ‘se la storia non la fanno i singoli, alcuni UOMINI sono anche indispensabili per farla. E SALVADOR ALLENDE era UN HOMBRE’. Prima esecuzione: 11.9.1983, Reggio Emilia, Festival Nazionale dell’Unità. Dorothy Dorow, soprano; Giuseppe Scotese, pianoforte. Note generali: Il testo, prima di essere intonato dalla voce, viene letto – sempre in spagnolo – dalla voce (sezione a); segue un ampio pannello per pianoforte solo (sezione b), quindi la sezione centrale a due (c) e una coda (d) in cui i due esecutori si alternano per brevi interventi in un clima di dissoluzione sonora. La notazione, molto dettagliata sotto l’aspetto timbrico (sia per la voce, sia per il pianoforte, preparato e con corde eccitate direttamente sulla cordiera), è sostanzialmente cronometrica, e molto flessibile sia nella ripetizione ad libitum di cellule di eventi sonori, sia nel loro posizionamento nel tempo in relazione alla voce. Durata totale: 11’30”.
01 Altra sigla: 04.01 Tre liriche di Montale
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Trascrizione: vedi singoli movimenti Luogo e data di composizione: Roma [?], estate 1951 Note sulla genesi: Il lavoro è coevo alle Liriche di Montale per coro a cappella, e potrebbe esser nato nella bottega compositiva costituita dalla classe di Composizione di Goffredo Petrassi presso il Conservatorio di S. Cecilia, dove Guaccero era iscritto. Prima esecuzione: 30.4.1987, Palo del Colle, Festival Domenico Guaccero. Voce: Elizabeth Norberg-Schulz Pianoforte: Giuseppe Scotese Note generali: L’estensione della voce (femminile) va complessivamente dal Do3 al La4; essa è compatibile sia con una voce di mezzosoprano che non abbia difficoltà nel registro acuto, sia con una voce si soprano lirico dotata di un buon registro grave. La scrittura vocale è tradizionale e il testo poetico viene intonato perlopiù fraseologicamente (non seguendo all’occorrenza la segmentazione versuale); è sostanzialmente riconoscibile anche un tessuto propriamente ‘tematico’. Il linguaggio musicale sembra più avanzato nella terza lirica, soprattutto sul piano tonale (assenza di un centro) e armonico (aggregazioni non triadiche e fortemente dissonanti). Nonostante questo, l’autore ritenne di dover copiare di nuovo in bella il brano in una fase molto avanzata della sua attività (verosimilmente all’inizio degli anni Ottanta), in vista di una pubblicazione o di nuove richieste di esecuzione, o più probabilmente per riordinare la sua produzione più lontana Manoscritti
Edizioni
03 Altra sigla: 05.01.01 Partita
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Luogo e data di composizione: Roma [?], 1952 e 1953-57 (la sola Passacaglia: 1954) Note sulla genesi: L'opera esiste in due versioni-disposizioni dei movimenti: la prima (estate 1952) prevede sei movimenti, nell’ordine: Sinfonia, Allemanda, Corrente, Sarabanda, Gavotta, Capriccio. Essa non comprende dunque la Passacaglia, composta in seguito (1954) e inserita non più tardi del 1957 a sostituire i movimenti dal 4° al 6° della prima versione, nell’ambito di una revisione iniziata nel 1953; la seconda versione della Partita (ante 1957) comprende dunque quattro movimenti: Sinfonia, Allemanda, Corrente, Passacaglia. La composizione risale in sostanza agli anni di apprendistato presso la classe di composizione di Petrassi (peraltro autore di una nota e fortunata Partita per orchestra e prim’ancora di una giovanile Partita pianistica) nel Conservatorio di S. Cecilia. Della sola Passacaglia esiste una fonte isolata - datata 1954 - differente dalla sua versione entro la Partita. Prima esecuzione: 10.12.1984, Roma, Auditorium RAI del Foro Italico, XXI Festival di Nuova Consonanza Marco Dal Pane, pianoforte (seconda versione). Note generali: L'opera è dedicata, nella seconda versione, ‘a Paul Hindemith’, al quale rinvia spesso per il lessico armonico, ma senza dirette parentele alla nota ‘Suite 1922’. La natura collettanea del brano (nonostante una sua certa unità di linguaggio) è confermata dalla proporzione più che doppia della sola Passacaglia rispetto a qualsiasi altro movimento. Manoscritti
10 Altra sigla: 05.04.01 Quartetto [n. 1] per archi
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: Roma [?], 1955 Note sulla genesi: Il brano è stato composto ed eseguito nell’ambito dell’attività della classe di composizione di Petrassi (Guaccero vi frequentava allora il IX anno). Prima esecuzione: 26.5.1955, Roma, Sala Accademica del Conservatorio di S. Cecilia Quartetto d’archi della Rai (Vittorio Emanuele e Daniele Sentuti, violini; Emilio Berengo Gardin, viola; Bruno Morselli, violoncello) Note generali: L’indicazione di una serie fondamentale (La Sib Do Solb Fa Re Do# Si Mi Sol Lab Mib, per i primi due tempi) e di una derivata (la fondamentale trasposta alla 4a sup. con interpolazioni di 4 e 3 note tra le altezze 10-11 e 11-12, per il 3° movimento) implica l’utilizzo di una tecnica compositiva dodecafonica. Tuttavia, la serie – a una prima analisi – sembra funzionale a generare cellule intervallari poi elaborate in un libero tessuto tematico-armonico-contrappuntistico; per questo, la serie è raramente assegnata nella sua interezza lineare a uno strumento, e distribuita tra gli strumenti in modo che le sue porzioni ‘strumentate’ diano luogo a figure tematiche diverse per ogni episodio (presenti anche episodi con ostinati o generazione di figure basate sulla scala ottatonica). Autori di riferimento stilistico, più che i viennesi, sono Bartók e – in misura minore – Šostakovič. Variegato il comportamento timbrico degli strumenti (armonici, pizzicato alla Bartók), che nel 2. mov. godono di un trattamento quasi solistico. Il 3. mov. è una sorta di Giga in metro a prevalente suddivisione ternaria, che si conclude con un gesto strumentale tipicamente bartókiano.
App2_15 L’occhio come mestiere [musiche per il programma televisivo]
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], inizio anni Settanta Note sulla genesi: Guaccero ha musicato almeno tre produzioni audiovisive di Piero Berengo Gardin, cugino del celebre Gianni fotografo e specialista nel curare audiovisivi sull’arte, delle quali questa sarebbe la seconda in ordine cronologico. Le musiche sarebbero state elaborate quale repertorio musicale per la serie di trasmissioni sull’arte fotografica ‘L’occhio come mestiere’, più che per una sua puntata specifica, rilevandosi differenti modi linguistici e di genere (brani aleatori forse rielaborati su nastro per sovraincisione, musica jazz d’avanguardia improvvisata, vocalità pseudo-infantile). La carta pentagrammata impiegata conferma una collocazione cronologica a inizio anni Settanta. Note generali: Le musiche sono attestate da una fonte manoscritta (una serie di brani indicati come ‘temi’, da (a) a (i) ma senza (d) e con un ‘Valzer francese’) e da una fonte sonora, che contiene sicuramente solo i ‘temi’ da (a) a (c) più tre improvvisazioni libere in stile jazzistico (forse tema (e), ma in sostanza indipendenti dalla fonte ms.). Per il carattere musicale dei takes della fonte sonora, vedi la scheda. Nella fonte manoscritta, i brani sono riportati su un insieme di fogli pentagrammati singoli e doppi che hanno una numerazione continua e progressiva (da 1 a 22, con bianche in mezzo, carta 230 x 320) per i temi da (a) a (f) più il ‘Valzer francese’, e poi un’altra (da 1 a 11, con bianche in mezzo, carta 240 x 332) per i restanti temi nell’ordine (h) (i) (g). Per lo più, la scrittura è stenografica-aleatoria-improvvisativa, con alcuni elementi in stile (il Valzer). Ogni brano è tagliato in uno specifico organico molto ristretto; tra gli strumenti di spicco, il sitar (tema (d)) o la viola da gamba (temi i e g); non è escluso che (soprattutto per le linee vocali nei takes di (a)) sia stata praticata la sovra-incisione. I temi (a) e (b) sono a loro volta suddivisi in episodi contrassegnati con lettera maiuscola. Nel tema (a) è riconoscibile una citazione dell’Internazionale socialista.
App1_03 Kombinat Joey, azione teatrale
Elenco dei movimenti
Note sul testo: montaggio testuale a cura degli autori Luogo e data di composizione: [Roma], 1970 [?] Note sulla genesi: Lo spettacolo nasce da un’idea di Achille Perilli, fondatore del Gruppo intercodice Altro quale luogo di sperimentazione e di attivazione paritetica di diversi codici d’espressione (parola, gesto mimico e coreutico, immagini, oggetti plastici e luci nello spazio, suono e musica, etc.) entro una formula di base teatrale. Genesi e realizzazione sono documentate nel numero monografico n. 4 (1972) della rivista “Grammatica”. Prima esecuzione: 1-5.7.1970, Roma, Teatro Abaco. Gruppo intercodice Altro: Andrea Barabino, Veruska Cerne, Stefano Fiorentino, Domenico Guaccero, Lucia Latour, Luciano Martinis, Svetlana Matic, Antonio Obletter, Renato Pedio, Achille Perilli, Christine Sitte, Gino Sputore, Gianni Trozzi. Note generali: ‘Kombinat Joey’ è stato uno spettacolo collettivo cui hanno contribuito, ognuno secondo la propria specializzazione artistica ma entro un laboratorio condiviso e paritario, artisti plastico-visivi e scenografici, artisti della performance (attori, mimi e danzatori), tecnici teatrali e – quali compositori – Guaccero insieme a Walter Branchi, collaboratore per la realizzazione al Synket di suoni elettronici. Tra i materiali, si conserva no schema in cui le quattro componenti espressive dello spettacolo (azione, visione, parola, suono) sono combinate in 15 possibilità da 1 a 4 componenti, con relative durate. Lo spunto di partenza venne a Perilli dalla figura di Joey, bambino americano il cui caso di mania macchinistico-tecnologica (qualunque attività, anche quelle vitali di base come l’alimentazione, veniva immaginata compiersi da parte sua con l’aiuto di oggetti elettronici e meccanici) era stato segnalato e curato da Bruno Bettelheim. Guaccero realizzò per lo spettacolo anzitutto due nastri (‘interno’ e ‘esterno’), montando soprattutto materiali verbali – elaborati per filtraggio, riverberazione, taglio etc. – ed altri materiali elettronici (realizzati con Branchi nello Studio R 7) e concreti, tuttora conservati insieme ad appunti per la loro realizzazione. Frammenti di notazione per i performer, coi quali fu sviluppato un laboratorio di produzione-emissione sonora, sono stati pubblicati nel numero monografico di ‘Grammatica’, ma non risultano conservati presso l’Archivio Guaccero. Lo spettacolo dovrebbe esser stato realizzato in un tempo unico, per quanto i materiali di preparazione suggeriscono sezioni e sottosezioni (da A1 a F). Durata totale prevista in un foglio riassuntivo delle sezioni: circa 1h 30’.
12 Altra sigla: 01.01 La farmacista, opera da camera in un atto
Persone coinvolte:
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Trama: E’ notte in una piccola cittadina, la piacente moglie di un farmacista è insoddisfatta della sua vita col marito (che dorme rumorosamente sognando tutto il paese ammalato…), ma – a movimentare la serata – riceve la visita intenzionale e galante di un dottore militare e un tenente che, dopo aver acquistato senza ragione vari placebo, riescono a farle bene un po’ di vino e a farla sciogliere un po’ ma non abbastanza. Si allontanano, ma il tenente torna sui suoi passi per bussare di nuovo alla farmacia, senonché stavolta il farmacista si sveglia servendo personalmente il tenente (con scorno di questi, e ancor maggiore e amara insoddisfazione della moglie…). Luogo e data di composizione: Roma [?], 1956 Note sulla genesi: Composta nell'ambito della classe di composizione di Petrassi nel Conservatorio di S. Cecilia (scrivere una scena operistica seguendo un linguaggio personale era a quel tempo una delle prove finali per il diploma di composizione). Prima esecuzione: 19.6.1956, Roma, Sala accademica del Conservatorio di Musica di S. Cecilia, Saggio della Scuola di Composizione di Goffredo Petrassi Marcella Giannotti, soprano; Tommaso Frascati, tenore; Nestore Catalani, baritono; Giuseppe Marchetti, basso; Ensemble non specificato diretto da Daniele Paris Note generali: Il linguaggio non è distante da quello del Quartetto n. 1, salvo che per un’ancor più marcata evidenza degli episodi e delle figure tematiche connesse in ragione della loro valenza teatrale, e naturalmente per l’intervento della componente vocale. Occasionalmente sono riconoscibili passaggi dodecafonici, fermo restando che la serie è raramente enunciata secondo una evidente linearità orizzontale, mentre più spesso ha la medesima funzione che nel Quartetto (distribuita nel tessuto contrappuntistico, genera nuclei tematici poi amplificati); più spesso sembra riconoscersi una condotta atonale o molto liberamente tonale, con tratti che – accanto a Hindemith e Bartok – fanno qui blando riferimento all’espressionismo, anche per il frequente utilizzo dell’emissione Sprechgesang (e perfino parlata). La pièce, per i suoi toni tra il satirico e il grottesco, è imparentata con l’analogo teatro di compositori italiani quasi coevi di Guaccero (Luciano Chailly, Riccardo Malipiero, Guido Turchi) nonché, naturalmente, con gli atti unici di Petrassi (Morte dell’aria,dalla cui temperie etica si tiene tuttavia lontana). Presenta tratti abbastanza originali la strumentazione, soprattutto per l’intervento della chitarra elettrica. Sui problemi di ricostruzione dell’organico strumentale, vedi le Note ai testimoni ms. Durata del brano (dalla registrazione): 41’30” circa.
13 Altra sigla: 05.01.03 Sonatina prima
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Luogo e data di composizione: Roma [?], 1956 - 1957 Note sulla genesi: Si tratta in sostanza del primo lavoro di Guaccero di cui sia attestata l'esecuzione fuori dall'ambito del Conservatorio: la prima esecuzione fu impaginata accanto ad altre di compositori coetanei, e in buona parte allievi di Petrassi, per un concerto inserito nella programmazione della Accademia Filarmonica Romana allora diretta da Roman Vlad. Prima esecuzione: 28.3.1957, Roma, Ridotto del Teatro Eliseo, Accademia Filarmonica Romana. Pianoforte: Mario Caporaloni Note generali: Le note all’ascolto (anonime) nel programma di sala della prima es. danno conto abbastanza bene dell’impianto del brano: “I tre tempi della ‘Sonatina’ seguono l’ordine dell’alternanza classica, ma l’interna struttura di ciascuno di essi è organizzata fuori dagli schemi di sviluppo tipici della forma-sonata. La concatenazione discorsiva è tenuta sempre su un piano d’immediatezza e ‘facilità’, che consente di innestare liberi procedimenti seriali a una generale impostazione di polarità tonale”. Se Hindemith (ostinati, scrittura lineare per ottave parallele, intervalli formanti di quarta/terza) è speso sullo sfondo, il secondo tempo (che è anche l’unico in cui la matrice seriale è chiaramente di 12 note) richiama fortemente il Bartok della Musica notturna dalla suite ‘All’aria aperta’. Nel primo (forma a esposizione/sviluppo successivamente più breve di due gruppi tematici) e nel terzo movimento (sorta di rondò-sonata) le matrici seriali presentano un numero di note inferiore (8 o 6). Durata: 14’ circa. Edizioni
App2_21 La guerra al tavolo della pace, musiche per l’omonima trasmissione [Le conferenze dei grandi / I 4 grandi / Diplomazia in armi]
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1975 Note sulla genesi: Musiche realizzate per una ‘docufiction’ sulle quattro maggiori conferenze inter-alleate (Casablanca, Teheran, Yalta, Potsdam) della Seconda Guerra Mondiale, per la regia di Massimo Sani e Paolo Gazzara (Produzione Rai, 1975). Prima esecuzione: Prima trasmissione televisiva dello sceneggiato [le quattro puntate separatamente]: 1. puntata, La conferenza di Terranova (18.6.1975); 2. puntata, La conferenza di Teheran (25.6.1975); 3. puntata, La conferenza di Yalta (2.7.1975); 4. puntata, La conferenza di Potsdam (9.7.1975).
App1_04 Altra sigla: 02.03 [Musiche di scena per] La Cortigiana [di Pietro Aretino, regia di Antonio Calenda]
Elenco dei movimenti
Note sul testo: Musiche per il seguente testo teatrale: Pietro Aretino, La Cortigiana. L’edizione del testo utilizzata non è stata identificata. Luogo e data di composizione: [Roma – L’Aquila], 1970 [?] Note sulla genesi: Seconda realizzazione di Guaccero per allestimenti di Calenda presso il TSA, con la collaborazione di Nonnis quale scenografo. All’epoca, sia Guaccero sia Nonnis erano docenti a L’Aquila (il primo in Conservatorio, il secondo presso l’Accademia di Belle Arti). Prima esecuzione: ??.??.1970, L’Aquila, Teatro Stabile dell’Aquila. Regia di Antonio Calenda. Scene: Franco Nonnis. Musiche: Domenico Guaccero. Con Piera Degli Esposti e Gabriele Lavia. Note generali: Nessuna partitura si conserva delle musiche di scena. Il nastro superstite sembra (a causa della presenza di annunci che segnalano i takes e il ‘partito’ del nastro, non coincidente con quella di Guaccero) un nastro di lavorazione, con la registrazione di prove (la voce di Guaccero corregge qua e là errori d’esecuzione) e di tracce poi eventualmente da elaborare su nastro. Utilizzate, oltre alle voci, strumenti quali il trombone, la chitarra, le percussioni etc.
App1_06 Fatti d’amore e di guerra, azione scenica da ‘La Gerusalemme Liberata’ di T. Tasso, ideazione e stesura di E. Alovisi
Note sul testo: Montaggio del testo probabilmente a cura di Ezio Alovisi, Luisa Gay [e Domenico Guaccero] Luogo e data di composizione: [Roma], 1980 Note sulla genesi: Lo spettacolo si inquadrò nelle iniziative di decentramento promosse in quegli anni dal Teatro dell’Opera di Roma, e deve probabilmente la sua nascita (nonché il coinvolgimento di Guaccero) a Ezio Alovisi, già regista di Novità assoluta e sodale in altre iniziative di animazione civile-teatrale. Prima esecuzione: 1.4.1980. Roma, Teatro Araldo, Ente Autonomo Teatro dell’Opera di Roma. Cooperativa Nuova Struttura: ricerca letteraria, Luisa Gay; nastro magnetico e musica [e pianoforte], Domenico Guaccero; soprano, Lucia Vinardi; narratore, Francesca Codispoti; mimi: Elvira Berardelli, Gabriella Conti e Stella Rinaldi (Clorinda), Giuliano Melchiori, Piero Guerriero e Claudio Conti (Tancredi); coreografia, Claudio Conti; scene e costumi, Enzo Balestrieri; regia, Ezio Alovisi. Note generali: Lo spettacolo prevedeva, nella seconda parte, una realizzazione del ‘Combattimento di Tancredi e Clorinda’ di Monteverdi. La parte con la musica di Guaccero, conservatasi in documentazione audio, prevedeva l’alternanza tra episodi recitati (lunghi, se combinati con suoni – elettronici e concreti – su nastro magnetico) e i ‘Cinque Canti del Tasso’ per soprano e pianoforte, poi vissuti di vita concertistica propria (tuttavia non è chiaro se il nastro conservato sia servito da master di scena, nel qual caso anche i ‘Cinque Canti’ vennero fatti sentire dal nastro nello spettacolo).
App1_07 [Musiche per lo spettacolo intercodice] Tensioni, un’ipotesi di linguaggio (immagini-parole-musica) [di Rosanna Lancia]
Luogo e data di composizione: [Roma], 1979 - 1980 Note sulla genesi: Il programma di sala non riporta data e luogo dell’allestimento, tuttavia materiali esplicativi e verbali dello spettacolo (4 dattiloscritti, 5 bozzetti di scena schizzati a mano, tutti ascrivibili all’autrice Rosanna Lancia) sono contenuti in una cartella di ‘Appunti 1979-1980’ (L1/2.5). Prima esecuzione: ??.??.1980, Roma Note generali: Lo spettacolo, in due parti, è ancora una realizzazione intercodice, centrato intorno al concetto di ‘tensione’ (vitale, sociale, corporea… ma soprattutto ritmico-geometrica) e realizzato con mimi-danzatori agenti su oggetti scenici (schermi, drappi, oggetti) e proiezioni di immagini (perlopiù d’arte, indicate nei materiali esplicativi). I colori usati sono, curiosamente, gli stessi tre (nero, bianco, rosso) di Rot. Delle musiche, non esistono partitura né appunti di lavorazione, bensì il master del nastro di scena: per tutta la sua durata, una voce recitante femminile enuncia il testo presente in due dei fogli dattiloscritti conservati nell’Archivio Guaccero; nella prima parte, il suono musicale su nastro è realizzato con organo o synth a tastiera, impiegando un linguaggio armonico fluttuante tra tonale e atonale; nella seconda parte, i materiali sono ottenuti con pianoforte preparato e/o percussioni.
App1_08 [Musiche di scena per] I giganti della montagna
Luogo e data di composizione: [Roma], 1981 Note sulla genesi: Non è stato possibile ancora identificare l’allestimento per il quale le ‘musiche’ sono state realizzate; l’unica identificazione, proveniente dai contenitori dei supporti su nastro, è l’anno 1981. Note generali: I materiali conservati consistono in: 1) 6 fogli di appunti per la realizzazione dei nastri (spesso compare l’indicazione ‘fatto’) conservati nella cartella Agis ‘Musiche varie per televisione’, 220 x 280, con riferimenti al personaggio di Ilse e alle musiche per ‘S. Ignazio’ (ovvero ‘Entscheidungen…’), forse per averne riutilizzati alcuni materiali; 2) un nastro di riprese di voci recitanti porzioni del testo, salvo il primo take che presenta una monodia diatonica realizzata con un synth (presenza voce annunci; 6’11”); 3) un nastro di riprese di esecuzioni strumentali al pianoforte, con strumenti elettronici (synth) e dal vivo, forse missati successivamente ma probabilmente non ancora in versione definitiva (con voce annunci; 4’23”). Un terzo nastro con un più lungo take fatto di materiali elettronici (con voce annuncio; 6’31”) potrebbe essere pertinente, nonostante l’indicazione, a CMPSZN 2. In ogni caso, i tre nastri sono stati riversati sul CD 04, tracce 4-5-6.
App2_22 Il trita-presidente
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 197? Note sulla genesi: Musiche realizzate per una trasmissione non meglio identificata, ma probabilmente satirica sull’avvicendamento (anche violento) al potere. Prima esecuzione: Lo stile dell’orchestrazione e l’organico usato suggeriscono una realizzazione attorno alla metà degli anni ’70. L’organico è allo stato desunto per lo più dalla registrazione, essendo i pochi materiali manoscritti superstiti molto lacunosi e peraltro non corrispondenti ai brani registrati. Accanto alla deformazione comico-grottesca di alcuni topos musicali (galop, marcia, catastrofe in musica…) nelle registrazioni si fa ampio uso di uno stile improvvisativo ‘free’, il tutto vicino ad alcune soluzioni (coeve?) di ‘De dé’. Note generali: Lo stile dell’orchestrazione e l’organico usato suggeriscono una realizzazione attorno alla metà degli anni ’70. L’organico è allo stato desunto per lo più dalla registrazione, essendo i pochi materiali manoscritti superstiti molto lacunosi e peraltro non corrispondenti ai brani registrati. Accanto alla deformazione comico-grottesca di alcuni topos musicali (galop, marcia, catastrofe in musica…) nelle registrazioni si fa ampio uso di uno stile improvvisativo ‘free’, il tutto vicino ad alcune soluzioni (coeve?) di ‘De dé’.
App2_04 L’inceppata [musiche per l’omonimo documentario]
Note sul testo: L'audiovisivo presenta il testo enunciato da un tipico narratore-commentatore. Luogo e data di composizione: [Roma], 1960 Note sulla genesi: Le musiche sono state scritte per il documentario “L’inceppata” (1960), regia di Lino Del Fra, uno dei maggiori documentaristi e registi di film storico-documentari nell’Italia del secondo dopoguerra. Note generali: Come per “La passione del grano”, il focus è qui su un rito di una società rurale – quella meridionale – immobile, e qui anche opprimente: il rito è quello del pegno di affetto (una dichiarazione d’amore) che un ragazzo deve portare a una ragazza prima di poterne ambire la mano: un grosso ceppo di legno, che dovrà funzionare da oggetto apotropaico. Il documentario è costruito su una sapiente rotazione tra tre tipi di inquadrature: il ragazzo che porta-rotola faticosamente il ceppo dalle campagne all’abitato; le donne (madre e figlia) impiegate nel rito quotidiano delle faccende domestiche; gli uomini, che a casa (serviti di vino dalle donne) giocano a carte, unico universo in cui l’attesa grama e una vita priva di sbocchi possono avere una soddisfazione temporanea e illusoria (chi vince ha ‘in suo potere’ gli altri, e ha diritto al vino). Gli elementi musicali predisposti da Guaccero, spesso conferiti a timbri solistici o straniati per l’uso di sordine, colgono – per ragazzo e donne – tale condizione asfittica o ingrata, sospendendo la tonalità (scala ottatonica) o almeno impiegando figure neutre-atnosferiche (trilli, tremoli, melopee al flauto). Del brano non è attestata alcuna partitura ms. autografa.
App2_14 Il museo e la città, l’arte contemporanea e l’Italia [musiche per l’audiovisivo di Piero Berengo Gardin]
Luogo e data di composizione: -, 1969 [?] Note sulla genesi: Guaccero ha musicato almeno tre produzioni audiovisive di Piero Berengo Gardin, cugino del celebre Gianni fotografo e specialista nel curare audiovisivi sull’arte: la prima riguarda appunto l’inchiesta ‘Il museo e la città, l’arte contemporanea e l’Italia’ (trasmessa dalla Rai il 3.12.1969), che vide partecipazioni importanti in voce-video (Palma Bucarelli, Sargentini, Argan…). Note generali: Non essendo ancora stato possibile effettuarne un’audiovisione, non si può accertare se per questo audiovisivo siano state impiegate le musiche per generico documentario d’arte moderna le cui fonti manoscritte si conservano incomplete (e la cui datazione sembra peraltro incoerente con quella dell’audiovisivo). Tuttavia, la collaborazione con Guaccero per questo titolo è stata espressamente menzionata dal regista.
App2_25 Auschwitz ([1]-2)
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 197?/8? Note sulla genesi: Musiche realizzate presumibilmente per un documentario non meglio identificabile sul campo di sterminio nazista. Potrebbe coincidere con la puntata "Testimoni del terrore: dentro la spirale" nella rubrica ‘Antenna’ (RAI, 1°, 24-5-80), regia di Massimo Sani e Paolo Gazzara (ma vedi anche il titolo ‘Holocaust’). Note generali: La presenza nei due nastri di takes realizzati per le musiche di ‘Alvar Aalto’, ‘Perù’, ‘La guerra al tavolo della pace’ suggeriscono di assegnare la realizzazione dei nastri alla seconda metà degli anni ’70. Tra i takes originali, quelli pianistici adoperano modalità di distorsione e sovraincisione presenti anche in altri brani consimili di Guaccero. Uno dei take del primo nastro (struttura a fascia di sassofoni con pf e perc) rimanda a uno dei testimoni (manoscritto D9-13) presenti nel faldone A.L2/1.5 tra i materiali per ‘Alvar Aalto’. Il take tra 18’ e 22’ del nastro 1 è identico al numero 6 delle musiche per ‘Perù’ (fascia vorticosa di trombe con tromba solista e percussioni); quello successivo è identico al numero 10 per ‘Perù’ (solo fascia trombe); il primo take del secondo nastro è quasi identico al brano in traccia 8 (B3) in ‘Alvar Aalto, ma ne diverge poi nello sviluppo di fasce accordali dissonanti; il take successivo sembra una prosecuzione del precedente (stesso organico d’archi, materiali in parte simili) ma non trova corrispondenza nelle musiche per ‘Perù’.
App2_16 Guatemala [musiche per il documentario ‘I giorni del Guatemala’ di Roberto Giammanco]
Elenco dei movimenti
Note sul testo: I testi intonati derivano dalla registrazione di materiali vocali (corali), probabilmente da brani non di Guaccero, rielaborati su nastro. A causa della rielaborazione, i testi sono solo parzialmente comprensibili. Luogo e data di composizione: [Roma], 1973 [?] Note sulla genesi: Musiche realizzate per la sonorizzazione di un documentario lungometraggio dal titolo quasi omonimo ‘I giorni del Guatemala’ (Rai, 1973) di Roberto Giammanco, sociologo e documentarista esperto delle realtà latino-americane. Note generali: Le musiche constano di 8 lunghi takes, quattro dei quali – secondo quanto detto negli annunci dei takes – realizzati all’organo elettrico in uno stile tonaleggiante e impiegando un tema ricorrente; tra i primi quattro, almeno uno sembra invece esser stato realizzato interamente con un synth analogico: Guaccero utilizzava in quegli anni soprattutto il VCS3 (anche all’interno di gruppi d’improvvisazione elettronica, quali i Musica Ex Machina), ma non è chiaro se abbia eseguito da solo o meno questo brano, comunque interessante per la costruzione di complesse e cangianti textures fasciformi il cui sound si ritrova anche in Kombinat Joey. Gli altri brani sono stati realizzati usando materiale registrato (strumenti a percussione, voci di coro) forse trasformato con l’ausilio del VCS3 (che aveva la possibilità di ricevere input-segnali esterni) o del Synthi AKS.
App2_23 Entscheidungen im XVI Jahrhundert – Die Anfänge des Jesuiten Ordens (Sant’Ignazio)
Elenco dei movimenti
Note sul testo: Nell'audiovisivo è presente un testo detto - in tedesco - dal narratore-voice over Luogo e data di composizione: [Roma], 1978 [?] Note sulla genesi: Musiche per un documentario storico di Massimo Sani e Ezio Pecora, di produzione tedesca (Bayerische Rundfunk), sulla nascita dell’Ordine dei Gesuiti e sulla storia del loro fondatore (Iñigo de Loyola). Note generali: Il documentario – della durata di 30’ circa – consisteva nella seconda puntata della serie Entscheidungen im XVI Jahrhundert, musicato da Guaccero grazie alla collaborazione già sperimentata in precedenza con Sani. La comparazione delle tre fonti (manoscritto, fonte sonora – registrazioni, fonte audiovisiva) mostra una certa distanza tra ciascuna fonte: il manoscritto presenta una successione di 30 numeri, che alludono molto liberamente alla polifonia rinascimentale utilizzando melodie diatoniche (perlopiù in Fa), ma con materiali armonici non ortodossi che generano spesso micro-fasce diatoniche; la fonte sonora ha relazioni saltuarie e libere – pur rispettandone lo stile di base – con tali materiali, che potrebbero esser serviti come punto di partenza per semi-improvvisazioni, combinate talora con materiali elettronici ancor più liberi; la fonte audiovisiva impiega solo una parte – e in posizione ancillare – dei materiali audio, i quali conservano tuttavia un certo fascino sonoro.
App2_24 Holocaust
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 197?-8? Note sulla genesi: Dovrebbe trattarsi di musica per sonorizzazione di un audiovisivo (?), non meglio identificabile; non è chiaro se può o debba essere messa in relazione con la musica registrata dal titolo ‘Auschwitz’, e quindi con la puntata "Testimoni del terrore: dentro la spirale" nella rubrica ‘Antenna’ (RAI, 1°, 24-5-80), regia di Massimo Sani e Paolo Gazzara. Note generali: Testimonianze riportate sul sito del compositore indicano che a Guaccero andrebbe attribuita solo la ‘sigla’; tuttavia, l’unica fonte (quella sonora) è abbastanza estesa, articolata in differenti takes – più di 10 – separati da silenzi, e con la voce di Guaccero presente alla conclusione, da rendere non verisimile questa indicazione. Lo stile dei takes tende all’improvvisazione free su materiali predisposti e a volte assai riconoscibili (colpi isocroni o ritmi iterati, emissioni sperimentali e glissandi sugli strumenti a bocchino, tappeti vocoidi realizzati con il synth etc.), stratificati forse mediante sovraincisione. Solo in due casi (takes da 13’ a 15’20” e da 30’ alla fine della traccia su Cd) lo stile riprende e in parte distorce quello tonale da musica commerciale/sound library o quello da morceau pianistico intimista dell’800. I takes a partire da 22’ circa presentano al loro interno catene atonali di suoni di pianoforte modificati, accelerati e sovra incisi, che si riconoscono nei materiali per brani di fine anni ’70 primi anni ’80 (CMPSZN 2). Organico desunto dall’ascolto.
App2_12 L’uomo della preistoria [musiche per un documentario non identificato]
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1960 circa Note sulla genesi: La carta da musica utilizzata (Edizioni Musicali Rete, 12 + 12 pentagrammi) è quella tipica delle musiche scritte per documentari all’inizio del decennio 1960. Note generali: Lo stato materiale della fonte indica come la musica sia stata scritta per un documentario, tuttavia non identificabile per lo stato mutilo della fonte e l’assenza di qualsiasi riferimento a registi o titoli ufficiali (il titolo del primo pezzo a presentarsi nella fonte potrebbe essere quello del singolo numero). La musica consta di 4 numeri distinti, il cui ordine attuale potrebbe non essere quello originario; inoltre, l’ultimo numero è mutilo almeno della prima pagina, e il titolo del primo numero (L’uomo della preistoria n. 2) suggerirebbe un ‘n. 1’ perdutosi. Linguaggio e stile variano a ogni numero, per cui sembrano scelti in funzione di relazioni audiovisive anche ironiche: in ‘L’uomo della preistoria n. 2’, lo stile di riferimento è quello di Stravinskij in Le sacre du printemps (esplicitamente citata, per temi e armonia/orchestrazione, in alcuni punti); il Valzer con Trio è tonale-distorto, così come – con minore incidenza dei cromatismi – il Carillon. Manoscritti
App2_17 Perù [musiche per il documentario ‘I fantasmi della pampa’ di Roberto Giammanco]
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1974 [?] Note sulla genesi: Musiche realizzate per una trasmissione non identificata, probabilmente il documentario lungometraggio ‘I fantasmi della pampa’ di Roberto Giammanco (1974, Rai), ma non si può escludere che riguardi pure il titolo ‘Le miniere a cielo aperto in Cile’ riportato nell’elenco degli audiovisivi sonorizzati da Guaccero. Note generali: Le annotazioni su una delle fonti manoscritte suggerisce un tema politico-sociale (oppressori vs. popolo al seguito del suo leader, Lo stile delle registrazioni è spesso improvvisativo-informale (tr. 1, 4, 8), altrove è atonale, con una cura particolare sull’aspetto armonico (tr. 2), altrove è una combinazione delle due componenti (il solo del trombone in traccia 5). Nessuna concessione viene data all’impiego di materiali ‘etnici’, ma solo all’inserimento di elementi ritmici riconoscibili e più o meno costanti a volte combinati a uno strato informale (tr. 6, fascia statica di trombe con tromba solista e ritmo ‘militare’ di tamburo). I materiali, come suggerisce uno dei testimoni ms., sono stati incisi separatamente – ma già con la previsione dell’ordine di entrata – e poi missati in alcune tracce (in altre sono rimasti isolati). Il fatto che un testimone condivida una scaletta di brani con le musiche per il documentario di Alvar Aalto (1974 circa) suggerisce comunque una certa contemporaneità a quell’anno.
App2_18 Alvar Aalto [musiche per l’omonimo documentario di Piero Berengo Gardin]
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Luogo e data di composizione: [Roma], 1974 [?] Note sulla genesi: Musiche composte per il documentario d’arte ‘Alvar Aalto’ di Piero Berengo Gardin, fotografo, regista e critico (da non confondersi col più noto Gianni Berengo Gardin). Note generali: Le musiche sono state predisposte – come da fonte manoscritta, vedi, e da fonte sonora – in takes da M1 a M13, relativi a cinque gruppi tematici da A a E (il gruppo sembra non sia stato utilizzato) più il tipo ‘suoni lunghi’, per essere poi integrati con frammenti da Poulenc (Notturno) e, per ragioni geografico-culturali, Sibelius (Tapiola e Il cigno di Tuonela), per un totale di 34 numeri. La scrittura è spesso monodica con accompagnamento, in uno che stile appare (ingannevolmente) diatonico; altrove, in caso di scrittura più ritmico-accordale, lo stile è più dissonante. Gli strumenti impiegati si desumono dalla fonte manoscritta (violino, viola e violoncello, flauto, corno, pianoforte/tastiera), anche se alla ascolto sembrano riconoscibili pure un fagotto e/o un flicorno..
App2_19 [Brani per documentari d’arte moderna]
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Luogo e data di composizione: [Roma], 197? Note sulla genesi: Al momento, non si può concludere se i materiali conservati (sicuramente incompleti) siano un progetto di disco di musiche di sonorizzazione passe-partout per documentari d’arte, o se siano stati elaborati in funzione di uno specifico audiovisivo (ad es. quelli di Berengo Gardin). Si può azzardare una datazione a metà anni ’70 (il brano ‘Pop/Op’ è notato su un foglio doppio con due brani per ‘Miti e realtà’, un brano del quale è a sua volta notato su un foglio assieme a due pagine di un brano per ‘La guerra al tavolo della pace’). Note generali: Le fonti restituiscono un piano generale (appunto-schema verbale manoscritto autografo su foglio semplice, con un elenco di 18 brani in cui stili musicali sono associati a stili artistico-pittorici e uno schema dell’organico strumentale – con elettronica – variabile, più un’indicazione di turno di registrazione) e tre fogli doppi pentagrammati, il tutto conservato nella cartella De Ascentis ‘I 4 Grandi’, più un foglio doppio pentagrammato entro materiali simili per ‘Miti e realtà’ (cartella beige strappata, con il brano ‘Pop/Op’). Gli altri tre brani conservati in notazione musicale sono Cubismo (Stravinskij-Milhaud), Astratto (Dodecafonia, Schoenberg, ma sulla partitura il riferimento artistico a questi autori figura come ‘Espressionismo’), Strutturalismo (Boulez), quest’ultimo con organico differente rispetto al piano generale. Da appunti presenti, almeno anche il brano Fauvismo era stato completato. Su uno dei fogli potrebbero essere notati pezzi – uno estremamente aleatorio, l’altro in stile – delle musiche per la docufiction ‘La guerra al tavolo della pace’, essendo i titoli indicato (alfa)numericamente (con numero romano) come in quella serie.
App2_08 Grazia e numeri (Il gioco del lotto) [musiche per l’omonimo documentario di Luigi Di Gianni]
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Note sul testo: L'audiovisivo presenta il testo di commento enunciato da un tipico narratore voice-over. Luogo e data di composizione: [Roma], 1962 Note sulla genesi: Scritto per la sonorizzazione del documentario “Grazia e numeri” (1962) di Luigi Di Gianni, (uno dei maggiori documentaristi italiani del secondo dopoguerra). Nella conversazione (‘Il culto dell’immagine’) con Andrea Meneghelli contenuta nel booklet del dvd ‘Uomini e spiriti’ (vedi fonte video) Di Gianni sostiene che per i suoi primi documentari ‘…gli autori delle musiche non scrivevano niente appositamente per i documentari, sarebbe stato un aggravio di budget che non ci si poteva permettere’ (p. 13); dalla fonte manoscritta, non si può confermare né smentire tale genesi, ma la partitura sembra lontana dall’essere un mero collage di musica preesistente: tutt’al più potrebbe aver riusato tecniche di scrittura consolidate altrove. Note generali: La partitura manoscritta impiega in diverse combinazioni sei strumenti, ma tutti insieme solo nell’ultimo brano; inoltre, dall’elenco degli strumentisti sulla prima pagina, s’intuisce che le registrazioni si sarebbero effettuate fatte per strati di tre strumenti alla volta, e che perciò l’alternanza clarinetto piccolo/violino non sarebbe da intendersi qui come indicazione di polistrumentismo. In realtà, la musica nel testo audiovisivo ha riconfigurato l’organico della partitura, limitandolo quasi esclusivamente al terzetto pianoforte-tromba-clarinetto piccolo. Il documentario attraversa alcune fasi delle pratiche devozionali-divinatorie napoletane, soffermandosi soprattutto (parte centrale) prima su una giaculatoria femminile, poi sui riti privati e pubblici di un divinatore di professione, chiudendo su episodi del tentativo di ‘razionalizzare’ la grazia dei numeri (la teoria anti-statistica del professore, e il finale con la discussione alla ricevitoria del lotto). La musica, distribuita su 15 numeri anche brevissimi (fino a sole 2 battute), utilizza un idioma novecentesco anche avanzato (come nella disgregazione finale, puntillista e sempre più densa nella scrittura), facendo spesso ricorso a interventi solistici anche virtuosistici (soprattutto al clarinetto piccolo, che dispone di cadenze riccamente fiorite in uno stile Stravinskij-Petrushka/Bartok-Mandarino meraviglioso, e alla tromba); mai utilizzati – nonostante l’ambientazione – temi popolari dichiaratamente napoletani, anche se un tema ricorrente d’impianto tonale-modale (nn. 6, 8 – in stile di valzer straniato, 12 e inizio di 13) è presente, ma deformato continuamente per sovrapposizione poli-tonale o a-tonale di altri materiali; il solo della tromba (n. 3) presenta sequenze quasi-dodecafoniche (11 note su 12 all’inizio), comunque alquanto libere. Il manoscritto (vedi) corrisponde grosso modo alla musica presente nel testo audiovisivo, anche se: i numeri che prevedevano l’organo son stati poi realizzati al pianoforte; le prime due battute del n. 4 (clar. piccolo solo) sono state trasposte un semitono sopra, forse per collegarle all’ultima nota della tromba nel n. 3; il n. 6 non è stato impiegato, e al suo posto una ripresa di alcune battute del n. 4 per clar. piccolo solo, congiunte all’epilogo del n. 7; l’assenza del violino e della percussione nei numeri dall’8 in poi; il taglio del dilagare asimmetrico nel’ultimo numero, peraltro privo dello strato organo-violino-percussioni. Diffusi sono inoltre errori strumentali (tecnici, di lettura) e semplificazioni della scrittura quando spiccatamente sperimentale (ad es., trillo invece di vibrato lento). Manoscritti
App2_26 Zavattini [musiche per la trasmissione ‘Straparole’ di Ugo Gregoretti]
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Luogo e data di composizione: [Roma], 1980-1981 Note sulla genesi: Musiche realizzate da Guaccero per la trasmissione ‘Straparole’ – produzione Rai – in tre puntate su Cesare Zavattini, per la regia di Ugo Gregoretti, 1980-81. Note generali: Delle musiche, non esiste – allo stato – una fonte musicale in notazione, bensì una scaletta (6 fogli xerocopiati da originali manoscritti autografi su carta prestampata Rai, conservata in A.L2/1.5) delle musiche da usare nel découpage – cronometrato – delle sequenze delle tre puntate. I brani impiegati sono riportati in una colonna a sinistra (le sequenze che sarebbero dovute rimanere prive di musica hanno in questa posizione un ‘No’), indicati come da prassi con una sigla alfanumerica. Non è tuttavia possibile associare con certezza le sigle (nell’ordine in cui si presentano nelle scalette) ai takes sui due nastri: l’unico annuncio chiaramente udibile nel nastro II sembra riferirsi a una serie di sequenze sui ‘pianeti’ (3. puntata). I takes registrati sui due nastri oscillano tra l’impiego di un linguaggio storico, riletto – attraverso topics opportuni e una timbrica straniante – con una leggera ironia, e un codice sperimentale-informale. Diffuso l’utilizzo di suoni di synht, sia come tastiera politimbrica, sia per generare suoni e textures extra-temperate.
App2_27 Maring
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Note sul testo: Sul nastro sono stati elaborati canti tradizionali, presumibilmente della popolazione Maring, nella loro lingua. Luogo e data di composizione: [Roma], 198? Note sulla genesi: Si può immaginare, considerando il titolo, che esso riguardi la sonorizzazione di un documentario sulla tribù animista Maring dell’India nord-orientale (stato di Manipur). L’indicazione ‘Elaborazioni elettroniche da musiche originali Maring’ è inserito al termine di un elenco assai tardo (se non postumo) di proprie composizioni (A.L6/1.6), accanto ad altri lavori di sonorizzazione di inizio anni ’80. Note generali: Il nastro magnetico originario è stato riversato in un'unica traccia, della durata di 28’30”. I materiali che vi si ascoltano sono all’inizio – probabilmente – realizzati con un synth analogico; dal minuto 8’ circa, subentrano e prevalgono materiali vocali da registrazioni, quasi certamente di archivi di musica tradizionale, elaborati (per filtraggio, sovrapposizione, distorsione etc.) insieme a pochi materiali elettronici. La musica tradizionale utilizzata potrebbe essere quella della stessa tribù Maring (in particolare per il rito della ‘uccisione della bestia’), ma si insinuano qua e là richiami in napoletano. E’ difficile dire se lo stato del nastro sia quello di un prodotto più o meno finito e continuo: ciò sembra verisimile per gli ultimi due terzi del lavoro, che non prevede in sostanza pause o vuoti, mentre nel primo terzo gli episodi sono nettamente separati da alcuni secondi di silenzio.
App3_02 Altra sigla: 02.06 Voci intorno all’uomo [opera discografica]
Persone coinvolte:
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Luogo e data di composizione: -, 1975 [?] Note sulla genesi: Il disco è stato realizzato con e per le musiche di scena per la pièce di Salvatore Solida ‘Tuglie. Voci intorno all’uomo’ (Festival di Edinburgo – Teatro Ripa Grande di Roma), forse legata alla presenza preistorica dell’uomo nel territorio della cittadina pugliese di Tuglie. Nei credits musicali sul manifesto dello spettacolo, la musica elettronica è accreditata ai “componenti del gruppo ‘Musica ex machina’: Sergio Rendine, pianoforte e sintetizzatore; Giuseppe Mazzuca, sintetizzatore; Domenico Guaccero, sintetizzatore”. Prima esecuzione: 10.1.1976, Roma, Teatro di Ripa Grande; [dal supporto registrato] Orchestra e Coro "Officina Sperimentale", Gianluigi Gelmetti direttore [e D. Guaccero secondo direttore]; solisti: Dino Asciolla, viola (in ‘Due solitudini’); Enrica Guarini, soprano (in ‘Primo incontro d’amore’); Nicola Samale, tastiere [e flauto]; Sergio Rendine, pianoforte e synth; musica elettronica realizzata da: Giuseppe Mazzuca, synth; Domenico Guaccero, synth. Note generali: La paternità delle musiche è attribuita a Guaccero e Giuseppe Mazzuca, senza che i singoli brani siano assegnati con precisione all'uno o all'altro. Il disco contiene 9 tracce: Il risveglio (6’42”); Voci della città (3’49”); Continuum statico (5’56”); Primo incontro d’amore (5’32”); Liberazione (2’48”); Concentrazione d’energia (5’13”); Il volo (4’23”); Due solitudini (4’53”); Preludio e Tango (5’30”). L’idioma linguistico è fortemente informale e il suono è trattato (in chiave sia strumentale, sia elettronica) in modo assai sperimentale. Tuttavia, del magma informale fanno parte organica evidenti citazioni (tr. A2: 1° mov. della Eine kleine Nachtmusik di Mozart, 3° mov. della 1. Sinfonia di Brahms, il soggetto B-A-C-H), materiali eteronomi (basi ritmiche, interventi tonali del synth con la voce, il tango finale) e fasi di tonalità allargata. Non sembrano sopravvissuti testimoni scritti della partitura, se non per la traccia 3 (M3 Continuum statico, vedi); non è escluso che una parte consistente delle tracce sia stata realizzata con improvvisazioni più o meno guidate, senza una traccia scritta verbalmente o in notazione musicale. E’ da escludere che le musiche siano state eseguite dal vivo in occasione degli allestimenti della pièce di Solida, che perciò potrebbe aver impiegato solo una parte delle musiche predisposte su disco. Questa possibilità, e la apparente primazia del disco (1975) rispetto all’allestimento della pièce (un precedente allestimento a Edinburgo è segnalato, ma non accertato e datato), fanno propendere per classificazione di quest’opera come discografica piuttosto che musica di scena.
App2_01 Tre pezzi per cinema
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Luogo e data di composizione: [Roma], 195? Note sulla genesi: Non sono chiare le circostanze di composizione, tuttavia la raccolta potrebbe essere il frutto di una selezione di brani scritti con destinazione audiovisiva, poi scelti e riuniti in questa breve silloge anche per finalità di documentazione artistica (vedi scheda ms.). Nell’elenco dei titoli A.L6/1.2 (1967) figura, nella lista (n. 6) di ‘Gebrauchsmusik’, il titolo ‘Prima suite’, che potrebbe riferirsi a questo lavoro. Prima esecuzione: non attestata Note generali: L’organico è in sostanza quello di un’orchestra da camera con fiati singoli, con le sole trombe a 2 e le parti degli archi non eseguibili a solo (anche se alcuni passi sono squisitamente solistici); l’arpa è impiegata nei primi due brani, il pianoforte nell’ultimo; il vibrafono è impiegato nei primi due pezzi (nel secondo anche con i piatti), i timpani nel terzo. Pur impiegando una figuralità tematica, armonica e melodica legata alla musica primo-novecentesca, la scrittura scarna, dosata e lontana dalle saturazioni rende questi lavori assai distanti dalla corrente musica cinematografica italiana del tempo, avvicinandola ad alcune punte avanzate nel campo (ad es. Giovanni Fusco) e più a loro agio nel documentario che nel film. Peraltro, il vocabolario armonico usa spesso intervalli formanti dissonanti (le seconde minori, nel primo e secondo brano), gli strumenti hanno assoli dallo stile non convenzionale nella musica cinematografica (e più vicini allo stile di Stravinskij e di Bartók), e il timbro è trattato con molta attenzione e con precisione weberniana. Manoscritti
App2_10 Uomini e cose di Bruno Caruso [musiche per l’omonimo documentario di Massimo Mida]
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Note sul testo: L'audiovisivo presenta il testo di commento enunciato da un tipico narratore voice-over. Luogo e data di composizione: [Roma], 1963, forse composte già nel 1962 Note sulla genesi: Le musiche sono state composte per un documentario d’arte - per la regia di Massimo Mida (Massimo Puccini, sceneggiatore di molti film neo-realisti e apprezzato documentarista) e la produzione di Giorgio Patara - sull’opera pittorica e grafica dell’artista nonché attivista e divulgatore siciliano (Palermo, 1927), la cui opera presenta netti contenuti etici e umani e uno stile figurativo ma assai personale. Il documentario è stato presentato nel 1963 alla 24. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, e nello stesso anno ha ottenuto il premio Osella di bronzo per i documentari sull'arte (1963). Alcune informazioni assegnano l’anno di produzione 1960 al documentario, che tuttavia è stato presentato e premiato solo nel 1963; per di più, il testo di commento definisce Caruso – nato nel 1927 – ‘di 35 anni’, e perciò dovrebbe rimontare tutt’al più al 1962. Note generali: Dell’opera è conservata una partitura, sicuramente incompleta di un ultimo foglio, presso l’Archivio Guaccero (vedi scheda ms.). Sulla partitura manoscritta, oltre alle durate cronometriche dei 14 numeri (e a volte alla loro lunghezza in battute), sono indicati dei ‘titoli’ (in sostanza, riferimenti al contenuto delle inquadrature/sequenze cui le musiche erano destinate) che evidenziano alcuni temi cari all’opera pittorica di Caruso (la guerra e la violenza, l’oppressione e le pratiche disumane), e dei punti di ‘SINC’ (sincrono) su salienze musicali, evidentemente da far combaciare con salienze visive: la rispondenza con quanto si nota nell’audiovisivo è molto buona. L’organico prevede, oltre a quelle più consuete (oboe/corno inglese, pianoforte/organo, chitarra acustica e elettrica), anche una figura polistrumentale clarinetto/sax (non inconsueta a quel tempo, essendo il sax spesso suonato da clarinettisti di formazione), nonché un set di percussioni (un solo esecutore) abbastanza vario. Sul piano della costruzione musicale, si riconoscono alcune figure ricorrenti (in buona parte enunciate già nel n. 1 dei titoli, come il tema diatonico ma in un contesto poli/a-tonale che richiama lo Stravinskij dell’Ottetto e per alcuni aspetti dell’Histoire du soldat, o un tema quasi dodecafonico ritmicamente sghembo), che si possono associare a precisi contenuti visivi (alcuni volti, i temi più distesi, ma a volte enigmatici e sospesi; la violenza e i volti da quella deformati, il tema sghembo; gli oggetti, anche quelli tremendi di morte, un inciso fortemente ritmico; un episodio in stile Weill-Hindemith, quasi un ragtime – n. 9, le caricature degli alto-borghesi) come confermato sia dal testo audiovisivo, sia da annotazioni sul manoscritto. Come spesso in altri cortometraggi, una situazione visiva iniziale ritorna alla fine, e con essa un episodio sonoro: in questo caso, la musica degli ampi titoli di testa (dipinti su fogli bianchi dalla mano stessa di Caruso) si riascolta in parte nel finale, che illustra nei dettagli il vasto dipinto visibile sullo parete di fondo dello studio nel quale Caruso e alcuni suoi esegeti (tra cui Libero De Libero) s’intrattengono; la musica di commento della sequenza in studio è in effetti musicalmente più interlocutoria, degli incisivi, spigolosi e quasi fracassoni materiali avvicendati nelle sequenze esterne, tra i quali spicca appunto un tema in metri dispari su ostinato si marcia molto stravinskiano; il carattere grottesco si confà al grande dipinto, un’immagine di potere (una macchina istituzionale di lusso ripresa dal basso in primissimo piano, volti distorti dalla violenza) che però sembra alludere al’assassinio di Kennedy.
App2_11 Fanciulle [musiche per un documentario non identificato]
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Luogo e data di composizione: [Roma], 1960 circa Note sulla genesi: La carta da musica utilizzata (Edizioni Musicali Rete, 12 + 12 pentagrammi) è quella tipica delle musiche scritte per documentari all’inizio del decennio 1960. Essendo stato conservato il plico presso l’Archivio delle Edizioni Musicali Pontevecchio, si può confermare la collaborazione esecutiva di Egisto Macchi, quale emerge dall’indicazione del suo nome al sistema del performer alle tastiere e percussioni (anche ai due strumentisti a fiato è prescritto di suonare in alcuni movimenti le percussioni). Note generali: Lo stato materiale della fonte fa pensare che la musica sia stata scritta per un documentario, non identificabile, ma probabilmente – vedi i titoli dei numeri e il titolo generale apposto all’unico foglio doppio – dedicato a una carrellata di giovani donne orientali. Sul verso di uno dei fogli singoli, oltre all’elenco delle percussioni, c’è un elenco di ‘situazioni orientali’ che non trova piena corrispondenza nei movimenti superstiti. La fonte infatti potrebbe essere incompleta (il primo numero reca il titolo ‘La fanciulla araba 2’ – numero cerchiato, senza che vi sia un ‘1’ cerchiato o una ‘fanciulla araba 1’). L’organico e lo stile sono funzionali alla descrizione di figure orientali: arabe, attraverso una scala minore armonica con enfasi sulla seconda aumentata; giavanese, attraverso una scala anemitonica e la prevalenza delle percussioni; birmana, attraverso una scala anemitonica e l’arpa; cinese, attraverso una scala anemitonica e uno stile melodico; giapponese, attraverso una scala di modo lidio. Manoscritti
App2_15 Persia. Anniversario di un impero [musiche per la trasmissione televisiva di M. Sani]
Elenco dei movimenti
Luogo e data di composizione: [Roma], 1971 Note sulla genesi: Si tratta di una delle numerose collaborazioni tra il regista audiovisivo Massimo Sani e Guaccero, in questo caso per la trasmissione televisiva Rai in due puntate ‘Persia. Anniversario di un impero’, realizzata in occasione dei festeggiamenti voluti dallo scià di Persia Reza Pahlevi per i 2000 anni dell’impero persiano di Ciro il Grande e trasmessa in due puntate il 10 e il 17.11.1971. Prima esecuzione: Trasmissione su Rai1: 10 e 17.11.1971 Note generali: In attesa di poter visionare interamente il testo audiovisivo, la principale fonte (manoscritta) consiste di un unico lungo brano, in parte improvvisativo, per voce (mezzosoprano), percussione e pianoforte (dalla scrittura vocale si può indovinare che l’interprete designata fosse la Hirayama), interessante per comprendere la solo apparente diatonicità della musica d’impianto melodico destinata da Guaccero agli audiovisivi: gli estesi archi melodici della voce – su note prolungate con differenti corone – iniziano su un repertorio di altezze proprio di sol minore, ma toccano poi gradualmente (nel registro grave dell’estensione) note estranee alla scala, e soprattutto evitano i due Fa (nessuna informazione modale o tonale decisiva); quando infine li toccano, coprendo il totale cromatico, le altezze precedenti e seguenti oscurano il riconoscimento percettivo del sol come centro o finalis (più avanti nel brano, il centro prescritto sarà il Re#). La parte vocale non presenta testo. Una copia riversata su Dvd delle due puntate è in possesso del regista, Massimo Sani. Manoscritti
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